Salute
Il tumore al seno nella storia
Il cancro del seno è conosciuto fin dall’antichità.
Il primo caso è stato registrato in un papiro egiziano databile intorno al 1600 a.C.: si dice che nel tumore protuberante della mammella, freddo al tatto, non esiste alcun trattamento attuabile, al contrario delle malattie calde della mammella (es. gli ascessi ) per le quali può essere praticata la cauterizzazione ovvero la bruciatura con ferro arroventato.
Dallo storico greco Erodoto ci viene tramandata la storia della Principessa Atossa, seconda moglie del re persiano Dario I e figlia di Ciro il Grande, che affetta da un nodulo mammario non si sottopose, per pudore, all’esame di alcun medico. Quando la tumefazione aumentò di volume venne interpellato il crotonese Democede, il famoso medico di corte, che la guarì asportandole la mammella.
E’ questo il primo caso di mastectomia ovvero di asportazione della mammella riportato nella storia.
Ippocrate, il più famoso medico dell’ antichità greca, cita poche volte il tumore al seno: la brevità della vita della donna, all’ epoca meno di 20 anni, ne determinava la bassa incidenza.
Ma le sue osservazioni risultano in piena linea con quella che è la storia naturale del tumore al seno non curato: esse sono degne di un attuale testo di semeiotica medica.
Ippocrate non consigliava la pratica chirurgica: “nel caso di tumori occulti”, diceva, “se non vengono trattati, i pazienti vivono più a lungo”.
Considerazione questa, malgrado la sua lungimiranza clinica, purtroppo gravemente fallace.
Ippocrate considerava il tumore al seno costituzionale secondo la cosiddetta teoria umorale che riconduceva ciascuna malattia alla prevalenza di uno dei quattro umori: sangue, flegma, bile gialla e bile nera (atrabile), e quindi in un certo senso non curabile.
La teoria umorale di Ippocrate fu ripresa da Galeno, il più grande studioso di medicina dell’ impero romano, vissuto dal 129 al 200 d.c., il quale riconduceva il tumore mammario all’eccesso di atrabile o bile nera, umore ritenuto responsabile tra l’altro dell’ipocondria.
A Galeno risalgono i primi trattamenti chirurgici della mammella, grazie anche alla disponibilità di uno strumentario chirurgico sufficientemente adeguato, così come dimostrato dai ritrovamenti pompeiani.
La terapia chirurgica, ovvero l’eradicazione della malattia, venne però successivamente abbandonata, sia per l’alta frequenza di complicanze settiche post – chirurgiche, sia per la non disponibilità di presidi, per così dire anestetici, che potessero alleviare l’atto chirugico.
Alla fine del 1500 risale l’utilizzo di una vera e propria chirurgia sistematica: il napoletano Marco Aurelio Severino, chirurgo dell’ Ospedale degli Incurabili a Napoli, al presentarsi della malattia asportava la mammella e i linfonodi ascellari.
Egli cercava di attuare un intervento radicale in tempi brevi.
A metà del 1700 un medico francese, Henri Francois Le Dran, intuì che il tumore mammario era inizialmente una malattia locale per poi divenire una malattia di tutto il corpo e pertanto che una precocità nel trattamento chirurgico poteva assicurarne la guarigione.
Era l’inizio di un approccio oncologico al tumore al seno.
Alla fine del 1800 lo statunitense William Stewart Halsted mise a punto una tecnica chirurgica che avrebbe rappresentato lo standard in tutto il mondo per quasi 80 anni: l’asportazione di tutta la mammella con i muscoli pettorali e di tutti i linfonodi ascellari.
Un nuovo e decisivo passo per la cura del tumore al seno risale al 1895, quando il fisico tedesco Wilhelm Conrad Roentgen scoprì i raggi X.
Essi potevano essere utilizzati non solo per fare diagnosi e per svelare, quindi, precocemente la malattia ma anche per curarla.
Negli anni settanta, grazie alla ricerca italiana, la vera rivoluzione chirurgica: tecniche chirurgiche più limitate (asportazione del solo quadrante mammario interessato dal tumore, intervento detto di quadrantectomia secondo Veronesi) ed aggiunta di radioterapia alla mammella oprerata, realizzavano gli stessi risultati in termini di guarigione degli interventi più demolitivi e deturpanti utilizzati agli albori, preservando così anche la qualità di vita delle donne.
Di poi gli ulteriori progressi realizzati dalla tecnica del linfonodo sentinella (che ha permesso di evitare d’emblèe lo svuotamento ascella riservandolo solo alle donne con linfonodi interessati dalla malattia), dalla chemioterapia, dall’ormonoterapia e dalla terapia immunologica con l’impiego dei farmaci intelligenti.
Ma questa è storia di oggi ! In un futuro non lontano il tumore al seno sarà battuto a livello genico ovvero ancora prima che si manifesti quale malattia conclamata…questo futuro è alle porte.
Dott. Arturo Losco
Responsabile Struttura S. “Radioterapia del Carcinoma Mammario”
Azienda Ospedaliera Universitaria Salerno
Presidente A.S.Me. Associazione Senologica del Mediterraneo