Tempo libero
Fitness magico?
Nei giorni scorsi un articolo su un quotidiano a grande diffusione titolava : Fitness, l’ultima magia in palestra, in forma in 15 minuti.
Sorvoliamo sull’ambiguità del titolo che lascia intendere che potrebbero bastare 15 minuti (in totale) per avere una forma perfetta. La sostanza comunque è che si scende dai 30/40 minuti ai 15 minuti di allenamento per conservare la forma fisica. Come?
Utilizzando “la tecnica dell’ high – intensity training, l’ultima moda per uomini e donne che vivono perennemente di corsa e non ce la fanno a fare tutto quello che hanno in agenda” e quindi rinunciano all’ora dedicata al tempo dell’allenamento per dare precedenza alle incombenze quotidiane. I guru del fitness “magico”, del “less workout, more work” (meno esercizio, più fatica) si concentrano sull’intensità dell’esercizio per contenerlo in tempi minori. Tale sistema nasce in America e pare sia stato adottato anche dal premier inglese David Cameron, assistito dal personal trainer delle dive Matt Roberts.
Nulla di male, sembrerebbe, se con minor tempo e minor impegno si ottengono gli stessi e, forse, migliori risultati. E’ più gestibile, più a portata di tutti.
Ma una riflessione va fatta su due punti: da un lato sulla rischiosità di sottoporre a uno sforzo notevole l’organismo come sottolinea, nello stesso articolo, il prof. Zeppilli, direttore di medicina dello sport alla Cattolica di Roma.
L’altro punto è la logica che sottende tali metodi. Una logica che stravolge il concetto di “cura di sé” per trasformalo in prestazione, impegno in agenda, attività da sbrigare e “consumare” in tempi rapidi, rapidissimi; la stessa logica che ha partorito i “ fast- food” e che segue (o lo genera?) il ritmo della vita frenetica moderna; quella che ci costringe a vivere di corsa e a far sì che non ci siano momenti vuoti, luoghi di relax quotidiano, ma che tutto venga “incastrato”, incasellato tra mille impegni. Una logica aberrante dove il relax può essere solo “straordinario”, occasionale, e sia permesso (solo a chi potrà farlo) in raffinati centri benessere e costose SPA, e solo in occasioni speciali: un anniversario, una vacanza, un fine settimana “in”.
Il concetto che ogni giorno ci si debba affannare per produrre reddito (anche per guadagnarsi il relax speciale) mentre “volersi bene” sia consentito una tantum, è una contraddizione, un paradosso (con lo stress ti conquisti il benessere); correre da un posto all’altro, è oramai così scontato che non ce lo chiediamo nemmeno se rallentare sia possibile, anzi è visto come un “lusso”.
Una logica, non dichiarata ma universalmente accettata, dice che solo il vivere di corsa è produttivo e quindi “buono e giusto”, ancorché inevitabile. E lo accettiamo anche perché negli spazi vuoti, nei relax, nella vita contemplativa, si può essere indotti alla riflessione su sé e sul mondo; si può insinuare il pensiero che un altro modello di vita è possibile a patto di cambiare le abitudini e il passo. Soprattutto potremmo interrogarci sulla finalità del nostro vivere che non può essere costretto e ridotto a una pura e semplice “riproduzione” ed “autoriproduzione dell’esistente” senza preoccuparci di lavorare per un mondo migliore dove anche i rapporti sono migliori.