Arte e cultura
Dorme peggio, mangia di più, fa poca attività fisica e riscopre la cucina. L’identikit del lombardo costretto a casa dal Covid-19
I risultati del primo Instant Report realizzato da Villa Miralago e dalla School of Management del Politecnico di Milano su come l’epidemia abbia modificato stili di vita e abitudini alimentari, con focus sulla Lombardia: già dopo tre settimane di restrizioni sono emersi segnali di disagio psico-fisico, solo pochi hanno approfittato del maggior tempo libero per occuparsi del proprio benessere
Dopo le prime tre settimane di isolamento a causa della diffusione del Covid-19, i cittadini lombardi mostrano in generale una “buona tenuta” psico-fisica, ma cominciano ad emergere segnali di disagio, come il peggioramento della qualità del sonno, l’aumento del consumo di cibo per gestire l’ansia, la crescente preoccupazione per la salute e la situazione economica, la tendenza a ingrassare. Solo pochi hanno approfittato della situazione per migliorare abitudini alimentari e stili di vita, anche informandosi su quale fosse l’alimentazione più corretta per fronteggiare il virus.
Sono le principali evidenze emerse dal primo Instant Report messo a punto da Villa Miralago – Centro per la cura dei disturbi alimentari e dalla School of Management del Politecnico di Milano nell’ambito di una survey nazionale su come l’applicazione delle restrizioni ministeriali per fronteggiare la pandemia da Covid-19 stia modificando l’alimentazione e i comportamenti degli italiani. I risultati si focalizzano sulla Lombardia perché su 6.651 questionari completi ricevuti in 48 ore, segno dell’interesse per il tema, oltre la metà, ben 3.432, provengono da questa regione, che ha subìto più di ogni altra le limitazioni governative.
Responsabili scientifici della ricerca sono Leonardo Mendolicchio, direttore sanitario di Villa Miralago ed Emanuele Lettieri, ordinario di Gestione dell’innovazione in sanità alla School of Management del Politecnico di Milano. La survey è stata promossa attraverso canali digitali – WhatsApp, Facebook e LinkedIn – e questo ha contribuito a raccogliere rapidamente un numero importante di risposte, intercettando però un numero limitato di cittadini italiani non laureati e con limitate competenze digitali. I risultati sono comunque interessanti.
Se si considera la sola Lombardia, il 63% dei rispondenti è di genere femminile, il 73% ha un’età compresa tra i 18 e i 49 anni e quasi tutti hanno un livello di istruzione medio-alto. Solo il 12% del campione al momento vive da solo, la maggior parte abita in contesti urbani medio-piccoli e la totalità ha accesso a internet, dispone di dispositivi digitali e ha buona dimestichezza con le tecnologie. Tuttavia, solo il 38% si considera responsabile in toto della propria salute (una percentuale analoga si ritiene “abbastanza” responsabile), anche se il 60% comprende appieno le informazioni sanitarie.
Per quanto riguarda l’alimentazione, si preferisce il consumo di prodotti alimentari freschi come carne, pesce, uova, latticini e frutta e verdura (57%), mentre i farinacei si attestano solo al terzo posto (19%) e i generi di conforto come i dolci appena al 9%. Relativamente alle bevande, però, quelle “zuccherine” (gassate e succhi di frutta) arrivano al 20%. Otto rispondenti su 10 hanno dichiarato di voler in qualche modo sfruttare la “quarantena” per provare a migliorare le proprie abitudini alimentari e di vita, in particolare introducendo più verdure e frutta di stagione nella dieta giornaliera (20%) e consumando più acqua (18%), anche se solo il 9% ridurrebbe lo zucchero e il 5% alcol e superalcolici.
Tuttavia, nonostante le buone intenzioni, soltanto il 10% ha di fatto cercato informazioni sull’alimentazione consigliata – ad esempio dall’OMS – per affrontare meglio il contagio e la sedentarietà: 1 su 3 ha cercato di rafforzare il proprio sistema immunitario con integratori o frutta e verdura e il 6% ha utilizzato App per avere un supporto alla corretta alimentazione. Al contrario, il 54% non ha modificato il proprio apporto calorico e ben il 33% lo ha aumentato: il 27% lamenta di avere sentito più appetito, mentre il 60% ammette di avere ceduto per gola-noia-nervosismo, mostrando l’insorgenza di “fame emozionale”. Non a caso, 1 rispondente su 3 ha preso peso, in particolare nella fascia d’età 30-64 anni e tra coloro che hanno subìto, o temono, una riduzione del proprio reddito, senza distinzione di sesso.
Nel 72% dei casi, comunque, le scelte alimentari sono cambiate, in particolare (46%) per la difficoltà di recarsi nei punti vendita con la stessa frequenza di prima, ma anche (10%) per la necessità di contenere le spese, oppure (16%) perché si cucina per passatempo. Ben 6 rispondenti su 10, pur avendo più tempo libero, non lo hanno usato per potenziare l’attività fisica (solo il 23% lo ha fatto), ma hanno preferito dedicarsi a cucinare, fare le pulizie domestiche, parlare con amici e parenti, leggere.
Solo il 3% dei rispondenti ha avuto esperienza diretta del Covid-19, ma la percentuale sale addirittura al 50% se si considera chi ha registrato casi di contagio tra parenti o conoscenti, un dato che certamente ha influito sull’insorgere di preoccupazioni e disagi psico-fisici manifestati da alterazioni dei comportamenti. Inoltre, 4 su 10 hanno dichiarato che il clima in casa si è fatto stressante, per il 15% addirittura conflittuale, confermando come il perdurare delle misure di distanziamento sociale possa avere un impatto nel medio-lungo termine da non sottovalutare, in particolare tra chi non dispone di uno spazio esterno.
A ciò si aggiunga che quasi 5 rispondenti su 10 erano certi dell’impatto negativo della pandemica Covid-19 sul loro reddito (i più preoccupati sono i disoccupati, i liberi professionisti e gli imprenditori) e che 6 su 10 temevano per la propria salute, non solo per la probabilità di contrarre il virus, ma per il rischio di non ricevere cure adeguate nel caso di altri bisogni sanitari (infarto, traumi), in particolare tra i pazienti cronici che hanno visto ridotta la consueta attività ambulatoriale e tra chi è affetto da patologie respiratorie e da ipertensione.
Anche questi sono seri elementi di stress che potrebbe contribuire a un peggioramento della tenuta psico-fisica dei cittadini e a far emergere disturbi dell’adattamento nei soggetti più vulnerabili. La qualità del sonno, che è un importante indicatore dell’equilibrio psico-fisico, lo dimostra: 3 cittadini su 10 hanno dichiarato di dormire peggio per la preoccupazione e l’ansia e tra di essi quasi 4 su 10 si sono aiutati con sostanze naturali, fitofarmaci, ansiolitici e antidepressivi.