Nutrizione, Salute, Sociale
Nutrizione e il ruolo sociale della donna: il complesso e stratificato rapporto col cibo tra riscoperta di sé stesse ed emotività
Nutrirsi ha un significato complesso e profondo. Non ci nutriamo solo di cibo, ma anche di immagini, sapori, odori, esperienze.
Sin dal grembo materno, possiamo collegare uno stretto rapporto tra emozione e cibo; infatti è proprio da qui, che la mamma nutre il proprio bimbo, si fa cibo essa stessa, con gli alimenti ingeriti ma anche
attraverso la trasmissione dei propri stati emotivi.
La mamma, che prima di tutto è donna, quando si appresta alla maternità per la prima volta, vive sulla sua pelle e non solo, questo momento sacro e speciale come una sorta di transizione, dall’essere individuo unico e figlia, a moglie e progenitrice, con addosso una nuova responsabilità e coscienza;
quella che le darà valore aggiunto ma anche la staccherà per sempre dal suo passato fatto di individualismo libero per pensare a crescere una nuova creatura.
Il ruolo complicato della donna, parte proprio da un presupposto biologico e in seguito culturale e sociale.
Ma il problema maggiore è che negli ultimi decenni il suo ruolo ha voluto a tutti costi, raggiungere più obiettivi contemporaneamente, portandoci ad un’omologazione dei generi, e tanta confusione e frustrazione.
Ma ritorniamo un po’ indietro nel tempo.
Sin da piccoli, ci serviamo della bocca per esplorare e conoscere il mondo, il seno rappresenta non solo fonte di cibo, ma anche approdo sicuro, amore, protezione, consolazione.
Cresciamo circondati da cibi consolatori, chi non hai mai ricevuto una caramella dal dottore dopo una visita?
E’ dentro un pacco di merendine o cioccolata che troviamo una sorpresa, mai di certo dentro una confezione di frutta o verdura, riconosciamo e riconduciamo pertanto i dolci come premio, ricompensa, che ci riportano indietro negli anni, in un tempo immortalato da sapori, profumi, momenti.
Già, perché i ricordi si fanno più vividi se, sono vissuti attraverso i nostri sensi, pertanto più ne sono coinvolti, più ci appaiono reali, vividi e vicini.
La donna nel corso dei secoli, ha avuto ruolo importante nella preparazione dei cibi.
Era proprio in cucina che poteva agire indisturbata e attraverso una sapiente preparazione degli alimenti che poi tramandava di generazione in generazione, poteva prendere il controllo e farsi essenziale per la famiglia e la società.
Ha subito nel corso dei secoli, la pressione sociale, di mostrarsi al pubblico come un essere equilibrato, controllato, che sapesse mettere d’accordo gli animi, agisse con garbo ed eleganza.
Se ci pensiamo, tutt’oggi ci portiamo dietro questo retaggio culturale, che perdura da secoli, è infatti poco tollerato dalla società che una donna parli in un certo modo o si atteggi in un certo modo, ci sono modi socialmente accettati di essere maschio o femmina, aldilà dell’emancipazione raggiunta.
Ci sono pertanto delle cose da accettare, ovvero che per natura uomo e donna, sono esseri diversi ma che si completano meravigliosamente.
La donna è certamente un essere più emotivo, e vive a differenza dell’uomo, con più profondità, anche il solo fatto di dover controllare più dell’uomo il proprio aspetto e il suo atteggiamento sociale, crea una sorta di rigidità interiore, aggiunto al fatto che oggigiorno una donna è lavoratrice, moglie, mamma, donna e spesso ricoprire tutti questi ruoli crea, uno stress emotivo molto forte, in quanto è molto difficile rispecchiare tutto questo alla perfezione.
Questa situazione stratificata, porta la donna a ingurgitare emozioni sin dalla sua tenera età, in cui è già intrisa nel suo destino (bambole, giochi, vestiti, cartoni animati già la inquadrano verso il suo ruolo sociale).
Molto spesso queste emozioni, non si comprendono.
Se vengono sepolte arriverà un momento in cui emergeranno sotto forma di disturbi psico somatici o disturbi del comportamento alimentare.
Talvolta ci si atteggia con severità e autorevolezza, passando dall’ortoressia a un vero e proprio controllo delle proprie emozioni, spesso accade di volersi annullare per allontanare certe realtà, concentrandosi quindi a calcolare le calorie o limitare e darsi delle ferree regole alimentari o sportive.
Altre volte accade di volersi uniformare al corpo e all’essere maschile, dimagrendo e mascolinizzandoci, forse perché l’uomo ha un ruolo sociale che poco è cambiato nel tempo e quindi meno impegnativo.
Un’altra interpretazione può essere quella di voler tornare bambine, scegliendo quindi nei momenti di tristezza spesso alimenti zuccherini, che ci riportano all’infanzia, momento della vita fatto di poche responsabilità, leggerezza d’animo o poca esperienza e comprensione della vita.
E’ qui che nascono alcuni disturbi alimentari, che classificare non è cosa semplice.
Sono infatti più di quelli che ci aspetteremo, ma soprattutto, esistono dalla notte dei tempi, più che mai però esplosi, in questi ultimi anni, fatti di abbondanza, libertà alimentare e cibo spazzatura a portata di tutti.
Tutto questo è un paradosso, in quanto proprio nel momento in cui il mercato ci offre tante possibilità, ci atteggiamo verso posizioni di freno e durezza, creando delle vere e proprie correnti di pensiero alimentare.
Non a caso, in questi ultimi anni, abbiamo visto diffondersi a macchia d’olio, diverse scelte che escludono certi alimenti: veganesimo, crudismo, diete di diverso tipo che aboliscono i carboidrati, digiuni ecc.. trasformandosi in veri e propri “modus vivendi” che identificano un gruppo di persone, quasi una forma di religione, come la definisce il Professor e Antropologo Niola “La dieta come religione globale”, regimi alimentari che classificano l’umanità, come un bisogno di darsi delle regole in cui ogni credo alimentare diventa la giusta strada per un elisir di lunga vita.
Al tempo d’oggi, il corpo ci identifica più che mai, la donna deve essere bella, perfetta, assomigliare il più possibile ai modelli che ci vengono propinati dai social, fin troppo spesso ritoccati sapientemente da app a portata di tutti, abituandoci visivamente ad una bellezza irreale e irraggiungibile, non corrispondente all’immagine che vediamo riflessa allo specchio ogni giorno.
Una donna, si tormenta, talvolta cadendo nel vortice di un disturbo alimentare, in quanto ci si aspetta troppo da sé stesse, e cercando di agire e ricoprire più ruoli, in una perfezione ideale, si finisce per vivere solo un sogno non attuabile, in quanto vorremmo essere troppe cose, troppi ruoli in una sola persona.
La strada verso la guarigione e la serenità è dunque una sola, anche se indubbiamente complessa.
Accettare prima di tutto, le nostre peculiarità che ci hanno da sempre contraddistinto, la nostra sensibilità, la nostra cura, l’attenzione per i dettagli, e non colpevolizzarci se cadiamo nella tentazione del cibo o non riusciamo ad essere mogli, madri, donne e lavoratrici perfette.
Se iniziamo ad accettare infatti, le nostre imperfezioni e vulnerabilità, attraverso un percorso di accettazione, consapevolezza e conoscenza, riusciremo anche a capire i meccanismi che ci portano ad utilizzare il cibo come unica fonte di sfogo o controllo.
Talvolta infatti, è necessario proprio attraversare delle fasi di lotta interiore, e accettarle, per poi superarle, mediante la comprensione dei meccanismi che ci porteranno ad una crescita e una conoscenza profonda di noi stesse.
E’ solo accettando infatti i nostri limiti che riusciremo a trovare la strada verso il benessere, l’equilibrio reale e un rapporto sereno e naturale con il cibo, e questo è possibile affidandoci e dando fiducia anzitutto a noi stesse.
Dott.ssa Stefania Bonanno – Antropologa, nutrizionista, naturopata