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Approfondimenti, Salute

Servizio Sanitario Pubblico: ultimo atto, cala il sipario.

Posted: 03/12/2024 alle 8:20 am   /   by   /   comments (0)

Si è scritto e detto molto, specie negli ultimi anni, sulla crisi del sistema sanitario. Ma ora credo, e spero di sbagliami, si è giunti all’ultimo atto, al capolinea col  D. L. 137/2024  “Norme per il contrasto alla violenza nei confronti del personale sanitario”.       

Ma per capire fatti e responsabilità bisogna guardare indietro: come man mano è cambiato in 40 anni  il paradigma.

Anni 80: il SSN nasce nel 1978 (L. 833/78) con i principi di universalità, uguaglianza, gratuità, al fine di garantire a tutti, ricchi e poveri, cure e assistenza sanitaria: un pezzo fondamentale del Welfare State, lo Stato Sociale, pagato con le tasse dei cittadini. Si assume il patrimonio di strutture e personale proveniente dalle “casse mutue” e viene ampliato, ammodernato, adeguato ai territori e ai bisogni delle popolazioni. Capisaldi la centralità del malato, l’epidemiologia, la prevenzione.  Inutile dire che squilibri e scompensi tra varie aree del Paese (soprattutto nord/sud), erano una sfida enorme.  

Anni 90: Riforma sanitaria D. Lgs. 502/92; 517/93. La finalità dovrebbe essere proprio migliorare il sistema, ridurre il divario e gli “scompensi” territoriali puntando sull’efficienza. Inizia la torsione dal modello “pubblico” (nazionale)  al modello “aziendalistico” (regionale) mutuato dal sistema privato. Per farlo si adottano mezzi per cui “la toppa è peggiore del buco”. Infatti si applicano metodi di efficientamento a suon di: piani di rientro, tagli posti letto e chiusura di strutture ospedaliere e non, definanziamento; blocco del turn over e delle assunzioni; sbilanciamento del rapporto personale / posti letto con conseguente sovraccarico dei carichi da lavoro. Insomma una cura da cavallo che alla fine ha stramazzato il cavallo, arrivando, cioè, a comprimere oltre misura sia i diritti dei lavoratori che dei pazienti. Per lo scopo  si somministrano abbondanti dosi di concetti mutuati dalla cultura manageriale – concorrenziale (e relativi inglesismi): marketing, D.R.G., customer care, brand, management, volendo far diventare (per ora solo concettualmente) “cliente” il paziente. Tutte millanterie il cui vero scopo è solo mascherare lo scempio che si stava compiendo.

Anni 2000: nel 1999 la Bindi tenta di mettere un po’ di equilibrio nel sistema ma l’impatto è molto limitato. In definitiva prosegue il trasferimento dal pubblico al privato che dagli anni 90 ad oggi ha attraversato tutti i servizi pubblici (effetto crollo del muro, s/vendita sul panfilo Britannia, ecc.). È stata una fase lunga e lenta. La mutazione, mai apertamente dichiarata ma perseguita con tenacia, esigeva cautela ma costanza. D’altra parte, è facile distruggere un sistema. Non è stata una guerra aperta, ma un lento, silenzioso assedio: sottrazione di fondi e finanziamenti, abbandono… e pian piano il fortino crolla. Infatti, era difficile non capire che i piani di rientro penalizzassero smaccatamente il sistema pubblico a vantaggio del privato/accreditato: un esame del sangue in un centro pubblico (con obbligo del superticket) era molto più caro che in un centro convenzionato. Ma la cosa passò senza colpo ferire. I lavoratori (medici, e personale vario) che subivano quotidianamente gli effetti di questa situazione lanciavano di tanto in tanto grida di allarme presto rabboniti da false rassicurazioni e qualche spicciolo, mentre tutto restava sostanzialmente immutato, soprattutto la carenza di risorse e personale.

Anni 2010: Decreto Balduzzi: non meriterebbe alcuna menzione se non fosse per l’annuncio del presidente del consiglio, il “tecnico Monti”: “la sanità è un asset produttivo molto importante”… e ho detto tutto! direbbe Totò… salute come merce, paziente come cliente, ospedali come aziende/fabbriche, la malattia messa in produzione. Addio salute!

Anni 2020/23: la pandemia, gli ultimi nodi vengono al pettine. Strutture, reparti, posti letto e personale falcidiati nei decenni precedenti, specie le terapie intensive, esplodono. Si addossa tutto il male alla virulenza della malattia ma viene il dubbio (certezza) che se il quadro strutturale – organizzativo fosse stato quello degli anni 80/90 non avremmo avuto alcuna pandemia, o certamente la gestione sarebbe stata più agevole e non avremmo avuto bisogno di “eroi” (una beffa: il personale era “massacrato” per le carenze accumulate, non dalla pandemia in sé). E, per peggiorare oltremodo la situazione, si chiudono reparti, strutture, si riconverte il residuo in posti covid, si sospendono quasi tutte le prestazioni sanitarie. Si acquistano moduli, container con attrezzature, ma il personale? Si spostano operatori come pedine di qua e di là, senza nessun incremento di nuove unità. Si disse solennemente: ne usciremo migliori, mai più così e… si sperava nel PNRR. Una beffa gigantesca.

Oggi post pandemia scopriamo che: 1. Le strutture sono ulteriormente ridotte; 2.idem per il personale. Gli operatori scappano all’estero o nelle strutture private o diventano “gettonisti” (oltre 1000€ a turno per una spesa totale, secondo alcuni calcoli, di circa in 1,7 miliardi di euro); 3. Ancora nessun bilancio su quanto accaduto e speso (che fine hanno fatto moduli e container?). 4. I fondi PNRR sono spendibili solo per “le mura”, non per il personale; 5. il privato si è spinto anche nel settore emergency (fino’ora una esclusiva del pubblico) per i paziente paganti che vogliono sottrarsi alle ore / giorni di attesa nei P.S.; 6. Le liste di attesa sono oramai di anni (addio cure e diagnosi precoci); 7. dilaga la disperazione nelle strutture e… guarda un po’ scoppia inaspettatamente  (??) il fenomeno di reazioni esasperate e aggressioni negli ospedali e soprattutto nei PS e nelle aree critiche.

I media danno a ripetizione queste notizie che si ripetono da nord a sud dello stivale. Indignazione generale, grida di condanna da ogni parte. Si fa a tempo di record una legge (D. Legge 137/2024 ) che prevede sanzioni e pene per “gli aggressori” (cosa ovvia e già prevista dal C.P.) ma urge mettere nero su bianco la condanna di pazienti o/o parenti “agitati”. Il fenomeno è esecrabile, certo, ma… è nuovo? imprevedibile? NO! Prima di dare sentenze vorrei vedere i dati, le serie storiche di questi fenomeni, qualora ci fossero. Ma una cosa è certa: questi casi non sono affatto nuovi, e soprattutto nelle aree dove c’è la criminalità organizzata, è un fatto noto e ricorrente, purtroppo, e contro cui, bisogna dirlo, perlopiù si è taciuto e non si è fatto abbastanza con gli strumento ordinari.

Escludendo, quindi, la fascia criminale, per i cittadini comuni il fenomeno è certamente dovuto all’esasperazione, figlia di tutte le circostanze di contesto appena descritte. È utile notare che prima di questa “esplosione” (anche mediatica) la percezione del fenomeno anche da parte degli operatori era del tutto diversa. In alcuni settori (P.S., Salute mentale, dipendenze, e altre aree critiche) le “alterazioni” da parti di utenti erano ritenute “parte del pacchetto”: lo posso testimoniare personalmente.  E rivedendo le serie TV degli anni ‘90 (ER, Grey’s Anatomy ecc.) lo si comprende: non rare le scaramucce tra operatori per difendere il proprio paziente in qualunque condizione, anche agitato e/o sopra le righe.

Con questo ultimo atto (il D.L. 137) cala il sipario. Il cambio di paradigma ha trovato il “capro espiatorio ideale”: il paziente, l’anello ultimo e debole della catena. Diventa lui il criminale utile per nascondere il meccanismo infernale causato dalla politica, dagli amministratori locali e dai responsabili di strutture, centri di influenza e interessi esterni. Chi ha lasciato che la ferita si infettasse fino a diventare insanabile per poi “amputare”, oggi con una mossa geniale, addossa le colpe alla vittima.  Viene da pensare che questa mossa sia stata molto pensata: dapprima il  liet motiv  “chi non ha stili di vita sani si paghi le sue cure”; poi il concetto marketing “paziente /cliente”. Ora arriva il vero cliente pagante (cash o con assicurazioni e/o convenzioni) che la salute la compra può anche dire la sua. Il “non pagante” soprattutto se non sottomesso ed obbediente… si arrangi. E se questa vi sembra solo una ipotesi di là da venire faccia una ricerca su google “pronto soccorso privato” e veda i risultati, in tutta Italia. E la ASL Salerno, però, è un passo avanti

https://www.lacittadisalerno.it/cronaca/2024/11/28/battipaglia-reparto-chiuso-privatizzato#:~:text=A%2011%20anni%20dalla%20sospensione,affidato%20a%20un’azienda%20privata.

Il pubblico, le nostre tasse, ci mettono i soldi (fondi coesione? PNRR?, altro?) il settore privato (quello che fa business) ci mettono del loro e si assicurano un lauto profitto. Che tristezza e che rabbia!  

Dott.ssa Franca Grosso – Sociologa