Sociale
Amore e matrimonio
Ma che cos’è la vita a due?
Una combinazione di forze per sopperire alla propria debolezza, un’opportunità, un aiuto reciproco, un’ascesa sociale, un’autorizzazione a procreare, una via d’accesso all’adulterio, un’anticamera alla separazione?
Se così stanno le cose, scegliere un uomo o una donna per tutta la vita significa scommettere senza essere supportati da alcuna buona ragione, perché nelle cose d’amore la ragione non ha gran voce in capitolo.
Oggi, amare o non amare non è un’infrazione giuridica, non è un atto criminale, anche se da ciò dipende la vita di un’altra persona che può venir ferita più profondamente di quanto non possa menomare una malattia e uccidere la morte.
Assolutizzato e slegato, come mai prima d’ora, da ogni referente sociale, giuridico, religioso, l’amore oggi si annuncia come assoluta promessa di felicità o come guerra senza frontiere, combattuta con le armi acuminate dell’intimità. Perché così è quando a promuovere l’amore sono le esigenze di autorealizzazione fondate sulla cieca intensità del sentimento. Se la tendenza fondamentale del nostro tempo è l’essere padroni della propria felicità, misurata sull’intensità della passione, l’uomo del nostro tempo attende dall’amore qualche rivelazione su se stesso o sulla vita in generale.
All you need is love (Tutto ciò di cui hai bisogno è amore) recitava un motivo dei Beatles, e Freud, prima ancora, aveva descritto l’amore solo sotto il profilo della malattia … e allora ciò che si cerca nel matrimonio non è amore, ma salute.
L’amore-passione vuole l’amore e in un mondo come il nostro si fa strada la tendenza ad accostarsi al matrimonio solo nella prospettiva della possibilità della separazione e del divorzio, di cui tutti chiedono la facilitazione, quando il problema, forse, non è di rendere facile il divorzio, ma di rendere difficile il matrimonio, se per concluderlo si pensa possa bastare l’amore-passione. Ma sappiamo che le ragioni dell’etica non hanno mai avuto buon gioco di fronte agli spasmi della passione romantica. E questo soprattutto in una cultura del consumismo come la nostra, dove, non essendoci nulla di durevole, la libertà non è più scelta per l’autorealizzazione, ma scelta di mantenersi aperta la libertà di scegliere, dove è sottinteso che le identità possono essere indossate e scartate come la cultura del consumo ci ha insegnato a fare con gli abiti.
L’amore, dunque parla molto, è un discorso … ma quando il fuoco si estingue, e non mentre divampa, ci si accorge della diversità delle proprie passioni e i rapporti si logorano e il silenzio carico di odio, rabbia e rancore si impossessa del gioco.
Ogni storia d’amore, dunque, mette a nudo la natura della nostra anima, chi si affida al linguaggio per esprimere il malanimo, la gelosia, la consapevolezza di conoscere i reciproci segreti, i baci avvelenati dall’odio, la tenerezza simulata al punto da sembrare vera: tutti anelli di quella pesante catena che attorciglia la nostra anima nelle trame che solo il linguaggio sa tessere.
Quando l’anima di ciascuno vuole altra cosa che non è capace di dire la esprime, spesso e solo, con il silenzio avvolgendo e travolgendo tutto ciò che lo circonda dimenticando che solo la “parola” è il dono che la relazione fa a chi alla relazione si consegna.