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Ancora empowerment. Senza rischi?
Ritorno sul concetto di empowerment riprendendo il discorso già affrontato in un articolo precedente.
Per quanto il processo di consapevolezza e responsabilizzazione sia sempre un fatto positivo, non deve tramutarsi però in uno “scaricabarile” (come abbiamo già visto nell’articolo sul sistema sanitario). Inoltre è abbastanza evidente che il processo di empowerment non può essere trasferito in tutti i campi senza correre rischi.
Qualche esempio: gli acquisti sul web, specie di articoli di una certa importanza le cui caratteristiche sono valutabili solo da veri esperti (ad es. oggetti di valore, apparecchi elettronici o tecnologie sofisticate).
Altro esempio il banking e il trading on line. Il fatto che con un semplice clik si possono effettuare operazioni prima riservate solo ad operatori finanziari non vuol dire che si diventa in automatico degli esperti. Si dirà che quindi è necessario farsi “una cultura”. Ma è possibile? E soprattutto è sufficiente? La competenza è qualcosa che richiede studio ed esperienza, non si improvvisa.
La Banca d’Italia ritenendo utile l’educazione alla finanza si è fatta promotore, insieme ad alcuni grossi gruppi bancari e finanziari, di un convegno tenuto a Roma il 18 gennaio 2017 dal titolo L’educazione finanziaria in Italia: oggi e domani.
Ma il prof. Beppe Scienza (docente c/o il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino, esperto di risparmio, previdenza e finanza) ci fa riflettere, e forse aprire gli occhi, quando scrive sul suo blog un articolo dal titolo “Se chi risparmia ci rimette, la colpa è sua: lo dice Bankitalia”
Vi leggiamo alcune osservazioni di grande buon senso dette, però, da chi sulla materia ha grande esperienza, competenza e soprattutto indipendenza.
Ancora un caso: districasi tra le offerte di utenze varie (gas, luce, telefonia, ecc.) è quanto meno arduo. L’ultimo baluardo rimasto al mercato protetto (energia elettrica Enel servizio di maggior tutela) pare debba crollare tra un anno o poco più. Ma i consumatori però hanno già dimostrato che non si fidano dei nuovi gestori, dato che solo un terzo degli utenti lo ha scelto nonostante negli ultimi quattro anni questi gestori si sono moltiplicati.
Si ritiene pertanto, anche in questo caso, di “addestrare il consumatore al mercato libero”, come si è sentito in qualche spot, per evitare trucchi e truffe. Contestualmente crescono le associazioni di tutela dei consumatori proprio per far fronte a queste problematiche. Ma la domanda è lecita: ha senso tutto ciò? Perché addestrare i consumatori a non farsi truffare, invece che delegare ad un organo superpartes (vigilato dallo Stato) la gestione di materie così complesse dove il raggiro è latente e pure praticamente garantito?
Concludendo: qual è il vero fine dell’empowerment? Chissà… Resta il fatto che, tra buona fede e no, il sapere è sempre un’arma potente di difesa a patto, però, che non si diriga lo sguardo in una sola direzione assecondando il “pensiero unico”.