Approfondimenti
Cibo, salute e tutele. Cosa c’è nel TTIP?
Non c’è nulla di più naturale, ed anche necessario alla sopravvivenza di ogni specie vivente, dell’alimentarsi. Ma mangiar bene e soprattutto sano è anche un piacere, un gusto speciale dimostrato anche dal successo delle varie trasmissioni condotte da chef più o meno stellati. E non c’è cibo e cucina più ricercata e famosa al mondo di quella italiana. In qualsiasi paese del mondo scegliere un “ristorante italiano” è sinonimo di ricercatezza e gusto, evoca sapori, odori, raffinatezze e soprattutto prodotti tipici. Tanto “tipici” da essere molto conosciuti ed imitati: il “parmesan”, la mozzarella, i pomodori s. marzano, l’olio d’oliva, il prosciutto, e tanti altri. Sono alimenti che per vari motivi (il clima, la terra, la sapienza dei nostri agricoltori e di tutta la filiera) possono essere prodotti solo in Italia, ed ognuno in una parte specifica del territorio: si pensi il prosciutto di Parma, o alla mozzarella di bufala campana, ecc. La tutela della tipicità, dell’origine garantita e protetta dei prodotti è quindi una priorità da monitorare costantemente.
Invece il TTIP (Trasatlantic Trade and Investiment Partnership) sembra voler ignorare tutto questo. Ma cos’è il TTIP?
Sul suo sito Greenpeace che si è fatta promotrice di una petizione ai parlamentari europei per fermare questo trattato, scrive: “Il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti è un trattato di libero scambio che l’Unione Europea è chiamata a concludere con gli Stati Uniti. Questa trattativa, con la scusa di un’armonizzazione delle normative sul libero commercio, antepone il mercato e gli interessi privati a quelli della collettività e apre una riduzione degli standard sociali e ambientali. Le trattative sul TTIP si sono svolte finora a porte chiuse: Parlamenti nazionali e cittadini non sono adeguatamente informati su normative che potrebbero invece incidere sui loro diritti”.
Quello che preoccupa è che si vuol rivedere (in peggio) tutto ciò che riguarda l’alimentazione, le norme europee sull’uso dei pesticidi, sugli OGM, l’ etichettatura dei prodotti che, allo stato, sono in massima parte rivolte a garantire i consumatori ed hanno come scopo “la protezione della vita e della salute umana, animale o delle piante” e “la conservazione delle risorse naturali esauribili”.
Nei vari capitoli dei documenti, invece, non c’è traccia di tutto questo da cui il fondato sospetto che si stia creando un regime che favorisca il profitto a detrimento della salute umana e ambientale dato che sul pianeta tutto è interconnesso.
Ma c’è anche un lato oscuro (come lo definisce Greenpeace) e che inquieta perchè la dice lunga sulle vere intenzioni della trattativa. E’ stata proprio la sezione olandese dell’organizzazione ambientalista Greenpeace che ha pubblicato a maggio scorso i documenti segreti del TTIP.
Dalla lettura dei documenti che “constano di 248 pagine in un linguaggio legale tecnicamente complesso” emerge che “Fino ad ora i rappresentanti eletti avevano potuto vedere parte di questi documenti in stanze di sicurezza, con guardie, senza consulenti esperti e senza poterne discutere con nessuno”e pertanto “mentre la società civile ha avuto ben poco accesso ai negoziati, l’industria ha avuto invece una voce privilegiata su decisioni importanti. I documenti citano ripetutamente il bisogno di ulteriori consultazioni con le aziende e menzionano in modo esplicito come siano stati raccolti i pareri delle medesime.”
Infatti a fissare gli standard transatlantici (cioè il merito di ciò che è oggetto di trattativa e che fissa paletti e misure che poi saranno convertite in normativa) è il Consiglio per la Cooperazione Regolativa (RCC) “scavalcando di fatti i Parlamentari e sottraendo al controllo democratico decisioni fondamentali per i cittadini”, ciò potrebbe condurre ad un altro fatto gravissimo “le multinazionali potrebbero accusare gli Stati di intralciare il libero mercato e i cittadini risecherebbero di dover pagare di tasca propria!” Ancora uno esproprio di potere decisionale agli Stati attraverso l’esclusione dei propri rappresentanti, come si è già verificato per le misure anticrisi (la famosa troika). Un modus operandi , quindi, che non può essere solo un caso, ma un “metodo” vero e proprio.