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Approfondimenti, Studi e Ricerche

Estate e tatuaggi

Posted: 14/08/2016 alle 8:19 am   /   by   /   comments (0)

L’estate è, per forza di cose, la stagione durante la quale il corpo si scopre di più e lo si espone di più agli sguardi altrui. Per strada, al bar, al ristorante ma è sulla spiaggia dove, messo a nudo, il corpo può rivelare quanto sia diffuso l’uso di “decorarlo” con i tatuaggi.

Non c’è dubbio che alcuni di questi per la complessità del disegno si potrebbero definire delle vere opere d’arte: una “body art”, appunto.

La moda è talmente diffusa che sia donne che uomini di ogni età esibiscono su braccia o sul torace un “disegno”, magari messo in risalto anche da un abbigliamento studiato.

Sfugge però che questa pratica ha seri risvolti di natura sanitaria non correttamente percepiti. Per questo motivo l’Istituto Superiore di Sanità ha effettuato uno studio (lo trovi qui) https://www.iss.it/pres/?lang=1&id=1555&tipo=6&csss=001 condotto su un campione di quasi 8000 persone rappresentativo della popolazione di età superiore ai 12 anni. Risulta che una quota non trascurabile (il 12% della popolazione, pari a 7 milioni di persone) ha praticato un tatuaggio.

La situazione fotografata vede una maggioranza di donne, il 13,8% delle intervistate, contro un 11,7% di uomini; un 25% risiede al nord, il 30,7% ha una laurea e il 63,1% ha un’occupazione. Le fasce d’età più interessate ai tatuaggi sono quelle tra i 35 e i 44 anni (il 29,9%). Mediamente il primo tatuaggio viene praticato a 25 anni ma v’è anche una quota non trascurabile di minori (7,7%).

Curiosità: su quale parte del corpo si pratica prevalentemente il tatuaggio? Gli uomini prediligono braccia, spalle e gambe; le donne piedi, schiena e caviglie.

Soddisfazione? Il 92,2% si dichiara soddisfatto, ma c’è anche un 17,2% che ha dichiarato di essere pentito tanto da volerlo rimuovere e infatti di questi il 4,3% l’ha fatto.

Dove hanno praticato il tatuaggio? Il 76,1% l’ha fatto in un centro specializzato, il 9,1% in un centro estetico, e un 13,4% fuori da centri autorizzati.

Il rischio che si corre?  L’indagine ha messo in evidenza che solo il 58,2% è informato sui rischi e il 41,7% sulle controindicazioni alla pratica del tatuaggio. infatti è solo il 3,3% degli intervistati che ha dichiarato di aver avuto complicanze quali dolore, granulomi, ispessimento della pelle, reazioni allergiche, infezioni e pus. Ma  ricercatori definiscono sottostimato il dato sulle complicanze.

Il Dr. Alberto Renzoni, esperto dell’Istituto Superiore di Sanità che ha coordinato l’indagine,  fa giustamente osservare che “ il tatuaggio  non è una camicia che si indossa e si leva, è l’introduzione intradermica di pigmenti che entrano a contatto con il nostro organismo per sempre e con esso interagiscono e possono comportare rischi e, non raramente, anche reazioni avverse e per questo  è fondamentale rivolgersi a centri autorizzati dalle autorità locali, con tatuatori formati che rispettino quanto prescritto dalle circolari del Ministero della Salute”.

E’ doverosa, inoltre, una distinzione tra tatuaggi medici che rappresentano una quota minima degli intervistati (lo 0,5%) e un 3% per finalità estetiche (il trucco permanente).

Sono i casi in cui vi si ricorre per allergie al trucco convenzionale o, nel caso di pazienti oncologici che a seguito di terapie, hanno subito la caduta di capelli e sopracciglia o per completare interventi di chirurgia ricostruttiva, specie nelle donne operate al seno.

Proprio questi casi devono farci riflettere su quanto sia ritenuto desiderabile e bello un corpo nella sua integrità e naturalezza. Ce lo confermerebbe certamente chi ha praticato un intervento chirurgico, una chemioterapia, o ha subito un incidente, insomma tutti quelli che in qualche modo hanno subito un danno fisico o una modificazione del proprio corpo. C’è da scommettere che costoro, piuttosto che variamente “decorato”,  non vorrebbero altro che riavere indietro la propria immagine perduta, il corpo “originario” integro, sano, non violato.

Viene da chiedersi cosa spinge tante persone ad abusare del proprio corpo, costruirlo e modificarlo come un puzzle, mettendo a rischio anche la salute. E come sia diventata moda una pratica che fino a qualche anno fa era sconosciuta e riservata solo a “galeotti”, ergastolani e, stando alle storie di marineria, a pirati e bucanieri.