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Fake news: cosa sono, cosa fare?
Si parla tanto di fake news. Ma bufale, bugie, chiacchiericcio/gossip vario, notizie false o distorte, sono sempre esistite. Allora perché tanta attenzione? Solo perché ora hanno un nome nuovo?
Ovviamente i motivi per cui nascono le fake sono tanti quante sono le bugie: lo scherzo innocente, la furbata elettorale, il danno o la delegittimazione del concorrente. Ma si può tacciare di “fake” anche una verità scomoda. Certo la rete e i social hanno amplificato tutto questo. Ma c’è dell’altro? Il fenomeno nel suo complesso a cosa è funzionale?
Nella mia mente si profilano una serie di altri eventi-fenomeni che negli ultimi anni hanno preso piede:
- l’abolizione dei servizi pubblici (a volte monopoli), con conseguente privatizzazione e obbligo di concorrenza;
- l’esplosione del “self – help” con annesse organizzazioni ONLUS, servizi autofinanziati, donazioni ecc.
Mi chiedo se non ci sia un collegamento tra questi tre fenomeni. Vediamo.
Trasformare in privato un servizio pubblico vuol dire abolirlo. Non è più né concettualmente né praticamente la stessa cosa. Sottoposto alla legge del mercato un servizio reso alla comunità non è più un “diritto” ma un “prodotto”. La concorrenza tra aziende solo in apparenza è un vantaggio per il consumatore; di fatto in ogni offerta si può annidare un tranello, una truffa, dato che le aziende perseguono il profitto ad ogni costo. Quando lo Stato si ritira dalla funzione di “capofamiglia” che tutela l’interesse dei cittadini (non a caso i principi dei servizi pubblici sono: imparzialità, uguaglianza, continuità, efficacia ed efficienza), è il consumatore che deve tutelarsi come può (il privato si basa sui principi di redditività e concorrenza).
A questo punto diviene indispensabile il “self help”: responsabilizzarsi, documentarsi, “studiare”. Si consultano manuali e siti internet per ogni necessità. Nel campo della salute vanno campagne informative “No fumo, No farmaci inutili, ecc.” Poi si facilita l’accesso ad alcuni farmaci (da banco, integratori, ecc.); si sollecitano donazioni per la ricerca (ad es. Telethon), e varie ONLUS (per malattie croniche o rare, per chi non può pagarsi le cure). Ed anche qui vige una sorta di concorrenza.
Il messaggio vero è: siete “autonomi”, siete voi responsabili di voi stessi e di tutto ciò che vi riguarda, anche della vostra salute, quindi pensateci da soli (anche economicamente) a curarvi, “arrangiatevi un po’ voi” (salvo poi dare l’obbligo per molti vaccini…)
La domanda ora è: quale è il posto dove si vende fumo per eccellenza? Dove si inscena una finzione o una verità “addomesticata ed edulcorata” che sembra verità? La pubblicità, ovvio!
In assenza di una competenza sulla qualità (non facile da avere) la pubblicità fa la differenza tra successo e fallimento dei prodotti. Quindi via libera a spot ripetitivi, aggressivi, interruzioni nei programmi e nei talk, banner invadenti sul web, ecc.
A questo punto quello che mi pare molto pericoloso è l’abitudine che si sta instillando e installando nelle nostre menti: immaginare una realtà finta (quella che ci propina la pubblicità) e, peggio, pensare in termini di “saper comprare” e “sapere – sapersi vendere” (piace dire saper comunicare) con annesse bugie. E’ un esercizio continuo, un addestramento che, più o meno consapevolmente, facciamo ogni giorno. Se poi lo associamo alla globalizzazione, al fatto che ci dobbiamo districare tra tante notizie (a volte molto simili tra loro), rischiamo davvero di non distinguere più il vero – reale dal falso. E più il quadro si fa complesso più ci viene voglia di lasciar correre o di affidarci al pensiero “semplice”, quello che si reperisce facilmente (il pensiero unico/dominante).
Cosa fare? Un organo che faccia da arbitro fa pensare alla censura. E poi esiste LA verità o MOLTE verità?
Milena Gabanelli (sul “Fatto” del 19.1.2018) consiglia «di controllare se chi pubblica la notizia ha un nome e cognome reale, se la notizia è riportata da qualche altro sito, se le date corrispondono». L’antidoto è, come sempre, molto buon senso e soprattutto il pensiero “libero – critico” da esercitare sempre e ovunque, suffragato da una buona dose di approfondimento e controllo delle fonti.