Sociale
Febbre da… gioco.
Si comincia sempre per gioco fin quando per il gioco non si fa altro che perdere dignità, tempo e danaro. Per chi, come me, ha dovuto frequentare necessariamente ambienti in cui il gioco l’ha fatta da padrone, con molta probabilità non avrà bisogno di possedere una laurea in sociologia per tracciare il profilo di un giocatore d’azzardo.
Ma andiamo per gradi.
Il termine azzardo deriva dall’arabo “az-zhar” che sta per dadi, il più antico gioco praticato dai tempi della civiltà egizia a cui faceva concorrenza, un po’ più ad est verso l’India e il Giappone, la corsa dei carri. Nella storia del gioco certamente è cambiato l’oggetto, alla corsa dei carri si è sostituita la corsa dei cavalli, al gioco dei dadi quello della roulette proseguendo fino ai giorni nostri in cui – grazie anche all’utilizzo di internet- è possibile scommettere su tutto, persino su chi vince un programma o un festival. Una cosa non è cambiata nel corso del tempo però: il giocatore, ovvero quel soggetto incapace di resistere all’impulso di scommettere e il cui comportamento, definito patologico o compulsivo, distrugge le proprie relazioni personali, familiari, economiche e lavorative.
Il giocatore compulsivo può essere chiunque; non ubbidisce a tratti somatici predefiniti o ad un’età o sesso specifico: è un papà di famiglia, una casalinga, un benestante, uno studente o in molti casi colui che, come si suol dire, non ha nemmeno gli occhi per piangere e ripone nel gioco la speranza di poter migliorare la propria condizione di vita. Ognuno di essi si avvicina al gioco per le ragioni più disparate e soggettive: senso di insoddisfazione, noia, depressione, inquietudine interiore e senso di sfida. Tuttavia, però, esiste un minimo comune denominatore tra tutti loro: la sensazione che il gioco d’azzardo sortisce sul proprio aspetto psico-fisico. Eccitazione manifestata da tensione muscolare, pallore, intensa sudorazione, eccitazione psicomotoria, ansia, senso di onnipotenza, irritabilità, distorsione della realtà attraverso l’enfatizzazione o la minimizzazione degli eventi. Non bisognerà allora stupirsi se, come tutte le forme di dipendenza, anche il gioco d’azzardo patologico presenterà sintomi d’astinenza come inquietudine, tremori, nervosismo e insonnia. Secondo lo studioso Custer esistono delle fasi ben precise di progressione del gioco d’azzardo in cui un giocatore si può muovere sia sul versante dell’aggravamento del problema che della risoluzione dello stesso:
Fase vincente: caratterizzato dal piacere iniziale del gioco associato a vincite che motivano a giocare in modo crescente,
Fase perdente: dovuta all’aumento del denaro investito nel gioco, dalla nascita dei debiti e dal tempo speso per giocare,
Fase di disperazione: evidenziata dal crescente tempo dedicato al gioco, l’isolamento sociale e il degenerare dei problemi lavorativi/scolastici e familiari,
Fase critica: in cui nasce il desiderio di aiuto e speranza di uscire dal gioco con tentativi di risoluzione dei vari problemi conseguiti,
Fase di Ricostruzione: in cui iniziano a vedersi i miglioramenti della vita familiare, nella capacità di porsi nuovi obiettivi e nell’autostima,
Fase di crescita: in cui si sviluppa maggiore introspezione e un nuovo stile di vita lontano dal gioco.
Ovviamente ciò non significa che chiunque giochi sia necessariamente un giocatore patologico. Il passo dal vizio alla dipendenza è senz’altro breve e bisogna fare molta attenzione perchè, sebbene la maggior parte dei giocatori si autoconvince di poter smettere in qualsiasi momento lo si voglia, la realtà dei fatti dimostra il contrario.
Non si vuole fare allarmismo inutilmente, ma sta di fatto che negli ulimi anni la percentuale di giocatori patologici è in netto aumento e tocca ogni sfera sociale: pertanto se leggendo questo articolo riscontrate degli atteggiamenti e/o comportamenti simili in voi stessi o tra le persone a voi care, non esitate a chiedere aiuto parchè da soli non sarete mai in grado di potercela fare, né per voi stessi né per chi vi sta accanto. In queste situazioni si ha bisogno di persone specializzate e competenti. Per chi non lo sapesse, sul territorio salernitano, esiste il Gruppo Logos Onlus con un percorso finalizzato al recupero sia tramite gruppi di mutuo-auto aiuto, legato a personalità che riconoscono di avere un problema e che dal confronto con propri simili trovano il coraggio e la forza di cambiare, e sia con un programma più operativo denominato FUORIGIOCO legato ad una esperienza psicoterapeutica. Pertanto, non esistono scuse, dunque non permettere alla dipendenza di prendersi gioco della tua vita e scommetti sull’unica cosa che ti è consentita: farcela!
Dott.ssa Adele D’Angelo – Redattrice Informa