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Arte e cultura

Frida Kalo: la pittrice che fa, della sua disabilità, arte

Posted: 09/02/2015 alle 12:08 pm   /   by   /   comments (0)

Quest’anno, a Roma, nelle Scuderie del Quirinale, fino al 31 agosto, c’è una mostra di una pittrice molto particolare: Frida Kahlo.
Era messicana. È stata una musa del Novecento. La sua vita fu segnata da una seria disabilità dovuta a problemi derivanti dalla nascita (forse la spina bifida). La Poliomielite a 6 anni la portò ad avere la gamba destra meno sviluppata dell’altra. Subì un terribile incidente all’età di 17 anni e riportò lesioni alla spina dorsale e agli organi interni. Ebbe 32 interventi chirurgici. Fu una donna molto coraggiosa perché dovette convivere con una grave disabilità. Il suo handicap diventò per lei un punto di forza. Quando era in convalescenza, dopo l’intervento alla schiena, fu costretta all’immobilità incominciò a dipingere avendo sospeso uno specchio d’avanti a sé. Diventò famosa. È autrice di circa cinquantacinque autoritratti in cui raffigurò se stessa e nei quali è espresso ciò che sentiva. Celebre il dipinto che la rappresenta con al collo una lunga corona di spine, con un colibrì al centro (il colibrì è un uccello piccolissimo che riesce a rimanere sospeso, immobile, grazie al velocissimo battito delle sue ali per potersi nutrire del nettare dei fiori di Ibisco). C’è una fotografia che la ritrae sulla sedie a rotelle con in mano una tavolozza e i pennelli e, davanti a lei, un quadro che la rappresenta in quella situazione.
Frida Kahlo non si è lasciata vincere dalla disabilità a dalle “injuries” che l’avevano colpita e che le impedivano di muoversi bene. Volle inaugurare una mostra nonostante le sue sofferenze e l’opposizione dei medici: si fece preparare dal marito Diego Rivera (pittore famoso) un letto a baldacchino nella sala principale della mostra e vi rimase sdraiata, partecipando in tal modo all’evento.
Fu molto amata, e riamò uomini e donne, ed è considerata un’antesignana del femminismo anche per un suo quadro, Unos Quantos Piquetitos (1935), ispirato ad un fatto di cronaca nera (al processo, l’assassino aveva detto di aver dato, alla donna uccisa, solo qualche piccola punzecchiatura.
Era adorata dai suoi studenti dell’Accademia La Smeralda dove, nel 1942, il Ministero dell’Istruzione Messicana la volle come insegnante. I suoi allievi formarono un gruppo di fan (o followers come si direbbe oggi) soprannominati Los Fridos. In un quadro, furono raffigurati attorno a lei, come scimmiette adoranti.
Che fosse una guerriera che non si lascia abbattere dalla disabilità, si vede dal suo sguardo: fiero, indomito, a volte sprezzante, a volte disarmato. Il suo abbigliamento era volutamente estroso e metteva in risalto la sua appartenenza al popolo messicano. Le sue lunghe gonne colorate, nascondevano però anche i suoi difetti fisici e distoglievano l’attenzione dal suo handicap, così come le sue acconciature colorate e infiorate e i suoi gioielli tintinnanti e preziosi o handmade (forse in ceramica).
Quel che colpisce, nei suoi autoritratti, è la fierezza dello sguardo, la sfida del suo sorriso appena accennato o le labbra chiuse a dispetto, i sopracciglioni non assottigliati, esibiti, sottolineati, a voler dare al volto un tratto molto maschio. L’esibizione del contrasto tra le labbra molto ben delineate e dipinte e la peluria che le sovrasta, fa capire che non è una persona banale, ovvia.
Anche l’ultimo evento della sua vita, l’amputazione della gamba destra che stava andando in cancrena, è sottolineato da un quadro dipinto otto giorni prima di morire: una natura morta che ritrae dei cocomeri che si stagliano verdi e rossi, con lo sfondo di un cielo azzurro. E sulla polpa, succosa e sensuale, di una delle fette, è scritto viva la vida.
Questo articolo è presente a pagina 12 della pubblicazione numero 20 di Informa – Ecologia del benessere. Scarica il PDF della pagina o sfogliala da qui:


Luciana Ferrara – Insegnante