Tempo libero
Il teatro per ritrovare se stessi
Il teatro ha origini antichissime, secondo gli ultimi studi già le popolazioni primitive si esprimevano attraverso rappresentazioni semi-teatrali, per celebrare particolari eventi della vita delle loro comunità.
Dunque, si può dire che è insito nell’uomo il ‘rappresentare’, in forma di finzione drammatica, la vita. Il teatro fin dalla sua nascita, svolge una funzione sociale, di ‘cemento’ delle comunità attorno ai loro valori, oppure di miglioramento delle stesse, attraverso nuovi significati e idee che l’autore e gli attori esprimono.
La relazione fondante del teatro è quella tra attore e spettatore.
Lo spettatore osserva su un palcoscenico la rappresentazione di una storia, che lo riporta immediatamente alla sua esperienza di vita; nella maggior parte dei casi egli si immedesima nei personaggi. La magia del teatro è quella di poter vedere persone in carne e ossa rappresentare la nostra vita, i nostri drammi, dubbi, gioie. L’immedesimazione può portare lo spettatore a una riflessione su se stesso, sulle proprie concezioni, sulle proprie scelte, in taluni casi a un miglioramento della qualità della propria vita. A volte, si genera una ‘catarsi’, ossia una discesa profonda dello spettatore nelle emozioni rappresentante sulla scena, che spinge a superare le sofferenze della propria vita, o a dominarle, oppure a rigettare le sensazioni negative. Tali fenomeni sono suscitati non solo dalla trama e dalle parole, ma dai gesti, dai movimenti, dalla mimica facciale degli attori.
Tra i vari generi, evidenziamo quanto il teatro comico svolga la funzione di suscitare il riso, dunque di alleggerire il peso della vita quotidiana: particolare è l’uso della satira e dell’ironia, che consentono di ridere su situazioni difficili, permettendo contemporaneamente di rilassare l’anima e accettare le difficoltà quotidiane. Ad esempio, lo slogan di Pulcinella, la nota maschera napoletana, è ‘Castigat ridendo mores’, ossia castiga le abitudini con il ridere.
Una branca recente, ma sempre più diffusa del teatro è quella dei clown-dottori, il più noto dei quali è Patch Adams: attraverso le loro maschere, le loro smorfie e gli scherzi, i clown-dottori suscitano il riso nei bambini ammalati; è stato dimostrato che, attraverso il riso, i bambini accettano molto meglio la propria malattia (anche quando è mortale e in fase non più guaribile), e addirittura la loro vita dura più a lungo.
Ma ci vorremmo soffermare sugli effetti benefici che il teatro può avere sull’altro suo protagonista (accanto allo spettatore): l’attore. Chi decide di iniziare a recitare, in realtà lo fa sempre perché sente di avere in sé qualcosa da esprimere. Molto spesso, si tratta di persone timide, che nella vita quotidiana non esprimono molto con le parole, ma che, per questo, si portano dentro un mondo interiore molto ricco. Salire su un palco vuol dire avere la possibilità di esprimere il proprio mondo, all’interno di un altro mondo, quello rappresentato sulla scena. Diceva Oscar Wilde, “Date a un uomo una maschera, e vi dirà la verità”: sulla scena si ha il coraggio di esternare le emozioni profonde che non si ha il coraggio o l’abitudine di esprimere nella vita. E’ accaduto spesso che le persone, attraverso il teatro, abbiano superato completamente la propria timidezza anche nella vita quotidiana: il palcoscenico, dunque, consente di abbattere barriere non solo con gli spettatori, ma anche con i propri familiari, amici e conoscenti.
Il teatro, per chi lo recita, ha un vero e proprio potere terapeutico: studi scientifici accreditati dimostrano che i soggetti affetti da disagio psichico migliorano in maniera evidente la qualità della loro vita impegnandosi in attività teatrali. Anche i pazienti in riabilitazione post-coma, attraverso le attività teatrali, e le emozioni che esse pungolano, riescono a riprendere più velocemente le normali funzioni.
Dunque, invitiamo tutti ad andare più spesso a teatro, magari spegnendo per una sera la tv o il computer, per immergersi in un mondo che, per quanto possa essere diverso dal nostro, avrà sempre dei particolari protagonisti: noi stessi.
Dott. Michele Piastrella – Giornalista