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In gravidanza “cin cin” solo con l’acqua.
L’abuso di alcol in gravidanza è causa di danni ai fattori di crescita e può provocare la sindrome feto alcolica, anche con ritardo mentale. Ad affrontare l’argomento una ricerca pubblicata sulla rivista Neurobiology of Aging realizzata da Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Cnr e Centro di riferimento alcologico della Regione Lazio-Università la Sapienza di Roma.
Abusare di alcolici è già di per sé dannoso. Ma lo è ancor di più durante la gestazione, quando può provocare seri danni e gravi malformazioni al nascituro. A spiegarlo una ricerca realizzata dall’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) con l’Istituto superiore di sanità e il Centro di riferimento alcologico della Regione Lazio presso l’Università Sapienza di Roma, pubblicata sulla rivista Neurobiology of Aging.
Per l’indagine è stato utilizzato un modello animale sperimentale di sindrome feto alcolica. “I risultati della ricerca”, spiega Marco Fiore dell’Ibcn-Cnr, “hanno mostrato che nei topi anziani nati da madri esposte durante la gravidanza ad alcol i fattori di crescita Ngf, Bdnf, Hgf e Vegf hanno subito delle alterazioni, sia nel cervello sia nel fegato e nel rene. In particolare l’Ngf (Nerve growth factor) scoperto da Rita Levi-Montalcini, ha un ruolo chiave nella vita delle cellule nervose del cervello e del sistema nervoso periferico, il Bdnf (Brain derived neurotrophic factor) previene la degenerazione delle cellule cerebrali, l’Hgf regola crescita e metabolismo delle cellule epatiche e ha un ruolo di protezione delle cellule nervose del cervello, il Vegf, partecipa ai processi rigenerativi dei tessuti vascolari e del fegato a seguito del danno indotto da epatiti”.
I dati evidenziano effetti diversi a seconda della modalità dell’esposizione ad alcool durante la gravidanza. “Il danno cerebrale nel topo anziano a livello dei fattori di crescita non si osserva se l’esposizione avviene sotto forma di vino rosso, grazie alla presenza di composti con proprietà antiossidante e neuroprotettiva come polifenoli e antociani”, prosegue Mauro Ceccanti del Centro di riferimento alcologico. “Dati più recenti, in via di pubblicazione, hanno dimostrato come tale protezione a livello dell’Ngf e del Bdnf è stata osservata anche su tessuti del sistema endocrino come la tiroide. Pur tuttavia gli effetti deleteri dell’alcool sul fegato e sul rene ‘anziano’ sono osservabili anche se l’alcool viene somministrato sotto tale forma, vale a dire che gli effetti antiossidanti e neuroprotettivi non sono comunque sufficienti a contrastare totalmente il danno indotto dall’alcool durante la gravidanza”.
“Sono circa il 4,7% i bambini che presentano alla nascita forme non conclamate di sindrome feto alcolica e di questi ben lo 0,8% dei nuovi nati mostra addirittura un ritardo mentale con dismorfologie facciali, alterato sviluppo delle ossa del cranio e deficit di crescita”, conclude Fiore. “La relazione tra esposizione all’alcool nel grembo materno e gravità del danno nel nascituro, così come gli effetti a lungo termine, non sono ancora determinati con certezza. Il rischio di partorire un bambino con sintomi della sindrome fetale alcolica comunque esiste. Alcuni fattori come fumo di sigarette, consumo di droghe o farmaci, stress ambientali o maggiore sensibilità della madre all’alcool anche per cause genetiche possono amplificare tale danno. Altri, per esempio una dieta equilibrata e ricca di verdure o l’assunzione di vitamine soprattutto del gruppo B, come l’acido folico o la tiamina, possono invece contribuire a limitare il danno”.
La scheda
Chi: Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr), Istituto superiore di sanità e Centro di riferimento alcologico della Regione Lazio presso l’Università Sapienza di Roma.
Cosa: Studio sugli effetti a lungo termine del consumo di alcool in gravidanza sul bambino