Esperienze, Tempo libero
La bontà ignorata del pompiere
Mette sempre un po’ di agitazione prepararsi ad incontrare un importante funzionario come il vice-comandante provinciale dei Vigili del Fuoco. Ma a dispetto dell’altisonanza del titolo, parlare con l’ingegner Enzo D’Andrea è semplice e piacevole, come conversare con un caro amico.
La persona che ho davanti a me infatti non è uno impiegato stressato dai suoi mille impegni ed annoiato dalla routine quotidiana, bensì un uomo che parla del suo lavoro con parole serene e cariche di soddisfazione e a volte sembra quasi che stia parlando della sua famiglia e non dei suoi colleghi. Durante tutto l’incontro risulta sempre più evidente, infatti, come una scelta professionale motivata dal bisogno di seguire i propri interessi piuttosto che dalla ricerca del successo ad ogni costo abbia determinato per il nostro interlocutore il raggiungimento di uno stile di vita equilibrato e giusto, capace di fargli raggiungere quello stato di benessere che tutti dovremmo ricercare nella nostra vita professionale.
Già durante i suoi studi per la tesi di laurea in ingegneria idraulica, l’ingegnere D’Andrea volle seguire il proprio interesse personale verso il territorio ed il suo sviluppo, desideroso di farsi portavoce di un’ingegneria che diventasse un sistema per risolvere i problemi, facendosene carico per andare incontro alle esigenze delle persone. Per nulla interessato a fare carriera come impiegato in qualche pubblica amministrazione né tantomeno come libero professionista, intravide nel corpo dei Vigili del Fuoco la possibilità di coniugare la volontà di lavorare per il territorio e l’ambiente con il desiderio di rimanere in contatto con i bisogni della gente, mettendo a suo servizio la propria professionalità in un lavoro fatto di impegno, anche fisico, e solidarietà.
La sua prima assegnazione, dopo sei mesi di preparazione e addestramento, fu la città di Napoli, vera e propria scuola di formazione essendo una città che vive nell’emergenza costante.
Sono numerosi gli episodi che l’ingegnere mi racconta su questo suo primo periodo, dal gravissimo incendio al deposito dell’AGIP nella zona del porto, allo scoppio di un’autobomba nei pressi di un circolo di ritrovo dei militari USA. E quando mi racconta, con un po’ di emozione, di una frana avvenuta a Palma Campania, che investì un’abitazione in cui si stava svolgendo una festa di fidanzamento, non posso fare a meno di chiedergli come faccia a convivere con il peso dell’emergenza.
«Il vigile del fuoco – mi risponde – è consapevole di ciò che deve affrontare e del rischio che corre: quando c’è un’emergenza, vede la gente scappare via e aprirsi davanti a lui, facendogli largo per farlo passare; e mentre corre dritto davanti a sé non sa cosa troverà ma è consapevole della responsabilità di cui è investito, nei confronti delle persone coinvolte, dei suoi compagni, di se stesso».
Ed è continuamente emozionante questo racconto dell’ingegnere D’Andrea, che dice «Siamo tutti pompieri» e mi spiega come nel corpo dei Vigili del Fuoco non esista nessun tipo di rigidità gerarchica o di superbia nei confronti dei sottoposti: per lui, così come per gli altri, mi dice, i colleghi sono molto di più, perché quando si condividono le notti e i pasti e le ore passate a lavorare gomito a gomito per salvare chi ha chiesto aiuto, ci si sente e si diventa una famiglia.
È condividendo che si riesce a superare anche l’enorme carico di stress emotivo che si accumula dopo un intervento, soprattutto se non tutto è andato per il verso giusto: la squadra al completo si ritrova in sala riunioni, oppure attorno al tavolo per il pranzo, o ancora sotto le docce, e si mettono in comune emozioni, dispiaceri, complimenti reciproci, e qualche volta rimproveri, che assumono così il sapore della correzione fraterna; ed ogni parola pronunciata è utile a chi ha vissuto in prima persona l’intervento ma anche a chi non c’era, proprio come succede in famiglia.
Ecco allora che mi appare chiaro perché i Vigili del Fuoco sono tanto amati: non amano farsi pubblicità o mostrarsi su un palcoscenico, non sono osannati continuamente dai politici, non partecipano ai talk-show…
Ma tutti sappiamo che ci sono e che sono qua per noi, come degli angeli custodi.
E quando ci capita di incontrarne uno, come il pompiere Enzo D’Andrea, scopriamo che fa così bene il suo lavoro perché lo ama e vi ha trovato la sua piena soddisfazione, e rendere la nostra vita più sicura è la sua realizzazione professionale, certo, ma anche la sua quotidiana missione.
Dott.ssa Ilaria Andria – Collaboratrice Informa