Arte e cultura, Le mete del benessere
La seduzione discreta delle Marche. Riservato solo a chi ha la natura nel DNA
Se si vuol mettere in agenda una pausa ristoratrice, anche breve, tra le tante mete che l’Italia offre, le Marche meritano certamente una visita. Si scoprirà che è più di una visita: è una esperienza dei sensi ricca di emozioni. Una tappa obbligata è Recanati, il “natio borgo selvaggio” di Leopardi. Camminare sulla piazzetta del sabato del villaggio, ammirare la torre del passero solitario, vedere le “sudate carte” della biblioteca e le “sale antiche del patrio tetto” danno una suggestione commovente.
Ma le morbide colline marchigiane non sono avare di altri piccoli centri, meno noti, ugualmente belli. La vallata che circonda il comune di Ripatransone, ad esempio, offre un paesaggio di una grande dolcezza e bellezza discreta. Ho soggiornare lì in uno dei tanti agriturismi, il Relais del colle che è collocato proprio sulla cima di una collina. Tutt’intorno una corona di paesini di pietra, campi coltivati che disegnano un patchwork, quasi una coperta adagiata su un letto morbido. Una vista che si ammira da tutti i terrazzini delle camere. A garantire la totale accessibilità della struttura tutti i servizi e una camera senza barriere architettoniche.
Le passeggiate mattutine seguendo solo l’istinto, sono un modo per ri-crearsi, avvolti in un meraviglioso silenzio. Ma il silenzio qui è musica. Anzi un vero concerto che la natura mette in scena: i variegati cinguettii degli uccelli, il gorgogliare di una fontana o di un rivolo d’acqua tra i campi, il gracidare delle rane, lo stormire delle foglie mosse dal vento, il ronzare della vespa che visita i gerani nei vasi. L’effetto di tutto ciò è una pace e una serenità assolute; un’atmosfera fatta di quiete, conforto, in una rassicurante solitudine. Una mattina mi sono svegliata e sulle colline una morbida nebbia avvolgeva nel suo ovattato silenzio uno scenario incantato: ho pensato che doveva essere così il giardino terrestre, all’alba della creazione.
La gente che incontri è di una cordialità semplice, quasi arcaica. Ero lì da poche ore e facendo una passeggiata tra le stradine dei campi ho incontrato l’Aldina. Senza impacci, come tra amici, mi saluta e ci parliamo. Sottovoce mi spiega cos’era l’agricoltura prima che diventasse intensiva; mi fa visitare la sua fattoria e mi saluta regalandomi del vino. In quel momento ho capito cosa vuol dire Maurizio Pallante quando, nel libro “I monasteri del terzo millennio”, parla del valore del dono: “mentre gli scambi fondati sul dono e sulla reciprocità creano legami sociali, gli scambi mercantili li distruggono”. Salutandoci eravamo certe che mai più ci saremmo incontrate, ma quei pochi istanti avevano creato tra noi un indefinibile rapporto.
La naturale cordialità della gente che ti fa sentire subito a tuo agio, l’ho trovata anche nel personale dell’albergo. E’ una attenzione non ossessiva, piuttosto una “cura”. Una cura discreta e rassicurante che si esprime anche nella preparazione del cibo. Ed anche i rapporti tra gli ospiti sono favoriti da questo clima piacevole. Con alcuni di questi ci siamo rivisti, in un’altra terra bellissima, ai piedi delle maestose Dolomiti.
Ecco in queste occasioni tocchi con mano quanta ricchezza e bellezza la natura e le relazioni umane possono dare e quanto ci perdiamo continuando a fare la vita ansiogena delle città. Quanta tossicità ci procuriamo inseguendo accumulazione, futilità, relazioni come merce, drogati di lavoro, in perenne accelerazione per tenere il passo di ritmi balordi di una non-vita. Quando, come Leopardi, ci chiediamo: “ove tende questo vagar mio breve?”, la risposta è in queste occasioni. Questi momenti finalmente ci riscattano, ci mostrano il senso che possiamo dare al nostro vivere in sintonia col creato, per guarire dal “male di vivere”, la “divina indifferenza”, come Montale ci ha insegnato.
Questo articolo è presente a pagina 13 della pubblicazione numero 20 di Informa – Ecologia del benessere. Scarica il PDF della pagina o sfogliala da qui: