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Reale\virtuale – La mappa
Su Treccani.it, alla parola “virtuale”: agg. dal latino medievale (filosofi scolastici), virtualis “facoltà, potenza”. Seguono altri significati: in filosofia (sinonimo di “potenziale, cioè “esistente in potenza”, contrapposto ad attuale, reale, effettivo); in fisica, informatica, telefonia, anatomia, linguistica, per concludere con l’ “uso comune” e “per estensione” del termine usato in informatica.
Il tema della virtualità, quindi, rimanda ad un complesso di significati che usiamo forse senza vera consapevolezza. Ma certamente il suo uso oggi subisce un forte condizionamento dall’informatica e dalla rivoluzione digitale, da quando, cioè, è esploso internet nelle nostre vite.
E così: nel lavoro (dal più semplice al più complesso), nello studio e la ricerca, nel tempo libero e gli hobby, nelle relazioni interpersonali, amorose, il sesso ecc. non c’è ambito in cui queste tecnologie non entrano con il loro portato di “virtualità”, spesso legata al mondo reale, ma anche no… (da cui anche il significato di “ambiguo”).
La rivoluzione digitale è definita la “quarta rivoluzione industriale”.
Nelle rivoluzioni precedenti determinati furono le tecnologie pesanti (la siderurgia, i filatoi, le macchine a vapore) e la fatica bruta e fisica di uomini e donne. Si svilupparono in un tempo lungo, quasi due secoli (dalla metà del ‘700 a fine ’800 – primo ‘900) e plasmarono in maniera imponente le strutture vive e fisiche della società (fabbriche, ferrovie, grossi agglomerati urbani, periferie) e i rapporti umani (capitalismo e stratificazione sociale in classi, movimenti operai e di massa, conflitti sociali, alienazione, ecc.).
Questa quarta rivoluzione, invece, iniziata poco più di due decenni fa, ancora in corso, è solo apparentemente soft e meno invasiva. Non ha eretto grattacieli o tracciato linee ferroviarie, non ha il sudore e il grasso sulle mani degli operai alla catena di montaggio. Eppure è certamente altrettanto potente, seppur meno appariscente. Converrà guardare con attenzione tra le sue pieghe, scoprendo innovazioni e vantaggi senza nasconderne contraddizioni e alienazioni.
Il portato più eclatante di questa rivoluzione è la velocità: si susseguono novità ogni 3/6 mesi. Ciò implica rapida obsolescenza che produce anche problemi di conservazione e trasmissione delle conoscenze acquisite che ha fatto dire a Vint Cerf, uno dei padri di internet e attuale vice presidente di Google: “Dietro di noi un deserto digitale, un altro medioevo”. Per poi suggerire “se tenete a una foto, stampatela”.
Una accelerazione parossistica di scoperte, applicazioni, aggiornamenti (update) che richiedono immediato adattamento di conoscenze e abilità. Un adeguamento praticamente infinito, mai sazio… che mette in crisi le normali capacità di assimilazione “umana”. Acquisita l’ultima versione di una applicazione ne arriva subito un’altra, praticamente imposta.
Una avventura emozionante, senza dubbio, ma anche impegnativa e senza fiato. Come non confrontarsi con un senso di perpetua inadeguatezza e disagio, celato dai più (soprattutto dai nativi non digitali) per non sembrare obsoleti?
Viene da chiedersi: i nativi digitali (e non) operano scelte vere? “Anche se gratuita mi serve questa app, questo nuovo modello?”. “Il tempo che mi richiede è speso bene?”. “Se sfrutto solo il 5% delle potenzialità di questo strumento, mi serve davvero?”. “Mi aiuta a lavorare-vivere meglio?”.
Accelerazione ed obsolescenza che mortifica ed espelle anche forza lavoro: lavori diventati definitivamente “vecchi” o inutili, ma anche lavoratori “vecchi” e non più adeguati al nuovo mondo del lavoro ultraspecialistico (robotica, intelligenza artificiale) con forte restrizione della base lavorativa (3-4 a 1?).
Il lessico “contatti, social, comunità, rete” enfatizza i concetti di comunicazione e collegamento. Ed è così, ma in molti casi anche no. Basta chiedersi: “Mi tiene davvero in contatto con gli altri o mi allontana? (vedi frequentatori compulsivi dei social). E in definitiva ”Sono davvero io a scegliere o mi lascio trasportare dal flusso, dal trend, dalla pubblicità?” Dapprima tutti su messenger, poi via su FB, skype, whatapp, twitter…
Si obietterà che ciò vale per ogni nostra scelta. Verissimo! Ma lo è ancor di più dove il flusso è continuo, ininterrotto e me lo porto volontariamente sempre dietro, con il “mobile”.
Scegliere tra mille offerte e opzioni è davvero una scelta? Rispondere non è facile. Ci viene in aiuto Z. Bauman: “L’homo eligens e il mercato dei beni di consumo vivono in perfetta simbiosi”; perché l’homo eligens è l’ “uomo che sceglie” ma “non ha scelto”.
E volutamente taccio di altri temi sottovalutati come privacy, dati sensibili, big data, sistemi di sorveglianza (vedi casi Assange e Snowden). E poi il deep web…
Fin qui alcuni aspetti controversi. Poi mi sovvengono i ricordi… proprio da nativa “non digitale” come dimenticare, o negare, l’entusiasmo, la felice scoperta di novità fino ad allora inimmaginabili: le mail, lettere inviate in capo al mondo arrivano un attimo dopo (la virtualità che promuove il tempo reale, che magnifico ossimoro!); scambiare idee, parole ed emozioni, on line nei forum, nelle chat, nei blog con chiunque, sconosciuti, perfetti “sig. nessuno” o veri esperti. E poi Google, il favoloso motore di ricerca semantico, una vera rivoluzione democratica! Tutto: ricerche, leggi, statistiche, studi accademici, opere di intellettuali, scienziati (o gossip), tutto è alla portata di tutti, basta una connessione internet. In Italia nasce un movimento/partito basandosi sulla rete, e sempre la rete diventa il collante delle primavere arabe.
Tutto il mondo ora è nuovo: nulla sarà più come prima! Un punto di svolta irreversibile per la nostra vita, il nostro tempo, le nostre menti. Come negarlo.
Ma proprio perché questo enorme balzo avanti è irrinunciabile, ritengo si imponga con urgenza a tutti noi, che nel web siamo allo stesso tempo utenti ed “autori”, una riflessione e un principio: l’uso critico, consapevole, selettivo, responsabile degli strumenti, della virtualità /tecnologia. Scegliere davvero di volta in volta, in totale autonomia.
Proprio ora che le tecnologie ci portano il sapere più a portata di mano, il sapere diventa meno reale e più “virtuale” o a rischio, data la mole infinita di informazioni non sempre attendibili: questo è un paradosso su cui riflettere.
Internet “dà diritto di parola a legioni di imbecilli (…) con lo stesso diritto di parola di un premio Nobel” (Umberto Eco).
E poi quando al bar, in una sala d’aspetto, al pronto soccorso, perfino in chiesa, vedo sguardi concupiscenti, rivolti allo smartphone, oggetto del desiderio, occhi assenti a tutto il resto, mi deprimo. Penso che questi web addict si sono persi in un mondo vuoto ed hanno smarrito il senso della vita.
Il virtuale che condiziona, trasforma, millanta il reale, talvolta lo umilia, talaltra lo esalta.
Ma anche virtuale che si estende al globale. Nel web tutto è potenzialmente globale, non è l’unica matrice della globalizzazione, ma certo la più vistosa, con infinite luci ed ombre.
Temi complessi di cui non si dirà mai la parola definitiva ed ogni analisi è ovviamente parziale.
Ancora Bauman, straordinario osservatore e studioso della contemporaneità, ci dà molti elementi attraverso la definizione di “società liquida” e “amore liquido”. I liquidi non hanno forma propria, assumono quella del contenitore. Flessibilità o inconsistenza? Leggerezza ed adattabilità o evanescenza e irrisorietà?
Risposte facili non aiutano. Le facce della medaglia si sono moltiplicate, bisogna considerarne un numero sempre maggiore per tentare di comprendere e non cadere nelle trappole della “Fabbrica della manipolazione” come suggeriscono Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta nel loro libro, il cui sottotitolo illuminante è: “come i poteri forti plasmano le nostre menti”.
Allora ben vengano mille domande, mille opinioni, mille confronti. Vigilare, scegliere, orientarsi vuol dire innanzitutto comprendere noi e il mondo che ci circonda, sia esso virtuale o reale: senso critico e ragionamento sono sempre i nostri migliori compagni di viaggio.
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