Esperienze, Prevenzione, Salute
Ricetta “casalinga” per stare bene
Il termine depressione sempre più imperversa nel nostro “slang” quotidiano e, dai più indica quella patologia che indubbiamente è in costante crescita, ma ho come l’impressione che sempre più spesso venga usato un po’ troppo generosamente, inflazionandone quasi il suo significato.
Quindi andrei per gradi.
Chi è che nel corso della propria vita, non si è ritrovato ad attraversare un normale periodo di tristezza, di grigiore? L’abbassamento del tono dell’umore è sicuramente un’alterazione del proprio comportamento, ma da qui a dire che si è in depressione…ce ne corre!
Occorrono almeno sei mesi di episodi giornalieri di: pessimismo, scarsa voglia all’interazione, muri che si innalzano fra se stessi e gli altri, apatia, un passato che viene ricordato con sempre più nostalgia e così via. Fino allo sfociare poi in disturbi veri e propri del sonno e dell’alimentazione, un eccessivo aumento oppure perdita di peso, ed ancora e ancora, tante altre piccole, medie o grandi avvisaglie, di difficile diagnosi però e, nessuna di queste può aiutare effettivamente a comprendere il giusto grado di gravità della patologia.
Anche perché volendola analizzare, per scrivere questo articolo, ho scoperto che di essa ve ne sono due forme. Le più conosciute sono:
depressione unipolare – qui, l’umore è prevalentemente basso. Attività motoria rallentata ed alterazione significativa del ciclo sonno/veglia;
depressione bipolare – picchi esagerati di iperattività, un’eccessiva e spesso immotivata considerazione del se, fino a dare origine a dei veri e propri atteggiamenti maniacali.
Gli studi dimostrano che purtroppo da entrambi le forme vengono colpiti sia uomini che donne, grandi o piccoli. All’inizio può manifestarsi con una banale forma di noia, disinteresse a tutto e tutti, vago senso di inutilità, inadeguatezza a questo o quell’ambiente lavorativo o familiare. Il quotidiano che soffoca sempre più e… piano, piano ci si sente sempre più spenti e negativi.
Il passo alla chiusura totale verso il mondo è breve.
Step successivo negativo: convincersi che farmaci, alcol, droghe, sesso, ecc…possono diventare l’unica via d’uscita.
A questo punto, quando si sta per imboccare questa strada, senza via d’uscita, occorre invece “lavorare” per riacquistare la propria serenità d’animo e, capire che si può procedere nella vita senza necessariamente farsi del male.
Primo gesto concreto. Riprendersi l’utilizzo della propria manualità. E’ risaputo che tutte quelle attività come: cucinare, dipingere, foggiare argilla, giardinaggio, smanettare con lo scooter, ecc…prevedono l’utilizzo delle proprie mani ed allo stesso tempo aiutano il cervello liberandolo sia da quei pensieri brutti e cattivi che da tutte quelle falsi opinioni che ci siamo fatti di noi stessi, situati alla base del nostro malessere. Focalizzando l’attenzione sui gesti, sulle pennellate, sui movimenti che vengono compiuti, la mente comincia a svuotarsi di tutti quei condizionamenti e quelle preoccupazioni, che hanno bloccato la naturale produzione di quelle sostanze che attivano il tono dell’umore, dando gioia e felicità. Come: endorfine, serotonina e noradrenalina.
Successivamente a questo primo consiglio, posizionerei l’attività fisica, lo sport praticato costantemente finisce col migliorare negli anni la condizione generale di benessere e, viene considerata da tutti quelli che si allenano quotidianamente come un’ottima, se non l’unica, reale valvola di sfogo. Si svuota gradualmente la nostra mente ed il nostro corpo da stress, senso di disagio e problemi psicofisici.
Quindi, concentrati al massimo verso il raggiungimento del nostro wellness, attenti ossessivamente a migliorare noi stessi…dobbiamo in aggiunta essere capaci di controllare e razionalizzare la nostra vita usando non solo la testa, ma anche il nostro “cuore”: inteso come emozioni, passioni, tenerezza e affetto.
In che modo?
Nostra alleata, dalla notte dei tempi, ci viene in aiuto la natura !
Stare a contatto con essa, osservarla, prendersene cura, coltivare una pianta, accudire un animale (cani, criceti, gatti, ecc…) ci insegna ad essere più spontanei. Impariamo ad essere meno razionali e riflessivi. Ma soprattutto più umili.
Assistere ad un tramonto, fare una passeggiata all’aria aperta o in un parco, ascoltare della musica con le cuffiette nelle orecchie, ci aiuta a stare meglio.
Meglio con noi stessi e verso gli altri. Questo è assodato.
Ma ci ricordiamo mai di ringraziare Qualcuno?
Certo, se siamo riusciti nel percorso, se siamo venuti fuori dal periodo buio, se io sono riuscita a scrivere questo pezzo, è tutto grazie al nostro intelletto, alle nostre capacità, potenzialità. Il merito è tutto nostro. Abbiamo lavorato duro, ci siamo impegnati con sacrificio, creduto in noi stessi…e basta.
Ma davvero tutto questo può bastare?
Davvero possiamo sentirci noi gli unici artefici della nostra vita?
Se a completare queste mie considerazioni, sono in parte riuscita, a farvi dare la risposta che ognuno di noi, in cuor suo già conosce, perché sempre più convinta e senza ombra di dubbio che solo ognuno di noi può farlo per se stesso…vi auguro un ricco lavoro di introspezione, di ricerca del vostro IO, di arricchimento personale e di pensieri positivi!
Angelica Landi – Redattrice Informa