Studi e Ricerche
Sanità senz’anima
E’ appena uscito pubblicato dalla casa Editrice Ananke, il libro di Gerardantonio Coppola “Sanità senz’anima”.
Leggere “Sanità senz’anima” non è solo una lettura di approfondimento e/o di consultazione utile, anzi necessaria, per chi lavora in ambito sanitario o nutre comunque un interesse per questi argomenti . Da questo punto di vista si troverà il testo illuminante, attuale, rigoroso nel suo profilo scientifico e di una chiarezza assoluta e senza reticenze. Da addetto ai lavori, leggendo Coppola, ho avuto la sensazione che mi desse le coordinate, mi sembrava di visualizzare quelle mappe che nei percorsi complessi orientano il visitatore nel contesto indicandogli il punto esatto dove si trova in quel momento: “voi siete qui”.
Ma in “Sanità senz’anima” si legge anche una “storia”, anzi diverse storie. Innanzitutto la storia del Servizio Sanitario Italiano. Coppola con una analisi lucida, “puntigliosa” (suggerisce Morgagni nella prefazione) circostanziata e con un corredo quasi maniacale di dati, tabelle, grafici, normative, etc., ci porta ad evidenze ineccepibili, fatti, cronologie, cause, ragioni, errori, occasioni mancate, alcune perse per sempre, altre da difendere.
Ma leggere Coppola è anche un’esperienza emozionate.
Si intuisce, senza celarsi, l’autobiografia dell’autore che questa storia e queste storie ha vissuto e vive; esperienze e fatti che conosce bene, dal di dentro: dentro l’anima, appunto. Quell’anima, anche collettiva, minacciata e spesso sconfitta, che oggi rischiamo di perdere definitivamente.
Ma vi si leggono (e qui la grande novità) soprattutto delle “storie” affascinanti, quasi una raccolta di racconti. Ci conduce tra le storie reali ed ideali dei suoi attori, i migliori, quei testimoni (utenti ed operatori) protagonisti di battaglie, di sfide e cambiamenti, ma anche di sofferti insuccessi e mortificazioni. E in controluce, ma senza reticenze, emergono anche altre storie: quelle di chi ha avuto, ed ha, le responsabilità maggiori dell’involuzione e del declino del nostro SSN. Quel Servizio Sanitario che, come precisa l’autore nella presentazione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità fino al 2000 classificava al secondo posto nel mondo.
“Sanità senz’anima” è, quindi, la storia di coloro (pochi, molti, chissà…) che hanno attraversato e vissuto esperienze significative nelle corsie, nei corridoi, negli uffici del mondo sanitario, come utente, o come operatore, oppure in entrambi i ruoli (chi non è mai stato ammalato?).
“Sanità senz’anima” è la storia di chi ha sperimentato la professione non solo come un lavoro, uno dei tanti che può capitare di fare, ma come un mezzo, una grande occasione per esprimere il meglio di sé, la propria umanità; l’occasione per concorrere ad alleviare la sofferenza, con la ferma consapevolezza, spesso frustrata, che in questo ambito si giocano diritti e principi etici non negoziabili. E questa esperienza l’hanno vissuta mettendoci passione, amore, anche rabbia: in una parola l’hanno vissuta, mi si lasci passare la terminologia forse retorica o desueta, come una missione o una vocazione. Coppola fa anche questa piccola rivoluzione, riabilita e rivitalizza un lessico, legittima parole di cui si erano perse le tracce: parole come “rispetto, fiducia, reputazione, compassione”. E ne siamo lieti perché la sua analisi e la sua visione hanno il coraggio della verità e non temono di mostrarsi perché non sono parole vuote. Certo sono parole che fanno sorridere chi, dopo l’ubriacatura di termini come managment, business, marketing, brand, si compiace di altri linguaggi e di altre parole, quelle che da qualche anno risuonano in quei corridoi e che sono arrivati perfino a definire la sanità “asset produttivo” quando si è voluto esprimere un apprezzamento positivo!
Quegli attori, uomini e donne di prima linea, di trincea, o anche di retrovia, nella “Sanità senz’anima” ritroveranno l’anima che hanno coltivato in quelle corsie e che credevano di aver perso tra quei corridoi. Accerchiati da cortigiani e politicanti inetti, troveranno una motivazione per non cedere allo sconforto, per non soccombere al disagio, per non rassegnarsi alla mortificazione del tran tran quotidiano, spesso senza senso, lontani anni luce da quell’anima che, provata ma non sconfitta, vive ancora dentro di loro.
Costoro cento, mille volte sono stati tentati di gettare la spugna. Mille volte si sono sentiti soli e incompresi. Ora, con il libro di Coppola, non più.