Approfondimenti
Se si chiudono i servizi pubblici e lo stato sociale quali sono gli effetti?
Recenti vicende di cronaca, alcune drammatiche (pazienti assistiti a terra nel pronto soccorso di Nola) ed altre dall’esito tragico (terremoto, nevicata eccezionale al centro nord, tragedia di Rigopiano) ci impongono alcune domande. Diciamo subito che su ipotetici ritardi, inefficienze, o varie responsabilità la magistratura indagherà e ci darà le sue conclusioni.
La questione che qui ci poniamo è un’altra: come si arriva a certe situazioni? C’è qualcosa che ne determina la drammaticità? O è solo fato/casualità? E’ evidente che gli eventi imprevedibili lo sono per il “quando”; meno per il “dove”; mentre il “cosa fare” non può e non deve mai essere lasciato al caso. Tutti, soprattutto chi ha responsabilità (ma anche il comune cittadino), devono sapere come comportarsi e/o a chi rivolgersi. Il singolo si muove in uno scenario prestabilito, nel quale sono date una certa gamma di opzioni e scelte. Se la gamma è sufficientemente ampia, chiara ed adeguata alla situazione si potranno fare scelte oculate ed efficaci. Quindi la domanda è: agli operatori del P.S. sono state fornite tutte le risorse, umane e materiali, necessarie a compiere il proprio lavoro? Idem per chi deve portare soccorsi, in montagna o in mare aperto che sia. Lo scenario in cui si muove non lo decide il singolo operatore che risponde, invece, certamente del suo comportamento in rapporto anche alla sua competenza.
Insomma la questione da focalizzare, che mi sembra elusa nei dibattiti pubblici, è la responsabilità organizzativa di chi predispone gli scenari in cui i singoli operano. Ovvero, chi gestisce la “cosa pubblica” sia nel livello micro e locale, ma soprattutto nel livello macro, cioè chi fa (o non fa) leggi e dispone risorse adeguate a favorire scenari soddisfacenti. Arrivo al punto.
Da anni, anzi decenni, c’è una serrata e implacabile operazione di svuotamento dei servizi pubblici, della pubblica amministrazione e dello stato sociale su cui già diverse volte ci siamo soffermati anche su questo sito. Non dimentichiamo che sui servizi pubblici ricadono, come è giusto che sia, la maggior parte delle incombenze relative a infrastrutture, sicurezza, salute, mobilità, formazione, assistenza. E, anche se spesso lo dimentichiamo, sono il motivo per cui paghiamo le tasse (piuttosto care).
Eppure si procede ancora sulla stessa strada: erosione sistematica nella sanità, nell’istruzione e in ogni sorta di servizio pubblico. Con varie formule si è passati anche a privatizzarli (poste, quindi telecomunicazioni e finanza, ed anche trasporti, sanità). Ma ci sono state anche chiusure definitive. Due esempi per tutti il corpo delle guardie forestali, e il corpo della croce rossa militare. Ci siamo chiesti: non si è sentita la loro mancanza nelle suddette emergenze? In quelle circostante è stata sovente evidenziata l’esiguità di risorse umane e non. Quindi quelle risorse sarebbero stati certamente ottimi affiancamenti, ma non solo. Non dimentichiamo che l’uno (i forestali) svolgevano un ruolo cruciale di prevenzione e controllo del territorio e l’altro (CRI) di vero e proprio coordinamento strategico dei soccorsi. Non sono lontanissimi gli anni in cui nei precedenti terremoti (Friuli, Irpinia, Campania) la CRI tutta, e quella militare in particolare, era il vero fulcro dei soccorsi, con mezzi adeguati e personale formato, addestrato, efficiente. Chi ora ha ereditato la sua mission e il patrimonio di know how? Parcellizzare e disperdere competenze e poi attendere che altre nel tempo si formino sul campo non può essere privo di conseguenze. Così come l’inestimabile ricchezza umana che offre il volontariato non può fungere da sostituto di una funzione complessa che può e deve essere in capo alle istituzioni, laddove la chiarezza di obiettivi, competenze e catene di comando determina l’efficienza stessa delle operazioni.
In ultima analisi siamo autorizzati a pensare, ancora una volta, che la furia neoliberista ha raccolto i suoi frutti? A quale prezzo? Chi ha pagato ancora una volta l’amaro conto?