Approfondimenti
Tragedie Locali – Globali
Le tragedie di migranti che si consumano nel canale di Sicilia oramai con un ritmo quasi quotidiano, ci trovano ancora impreparate le comunità nazionali ed internazionali.
Questo flusso di infelici che preferisce rischiare una morte in mare pur di non restare nell’inferno della guerra e della povertà non si arresta e non si vede nessun presupposto perché questo accada a breve. La situazione è di tale complessità che non è facile individuare una soluzione e probabilmente non c’è una sola via da percorrere per affrontare questo dramma. Una via è quella diplomatica verso quei paesi dilaniati da guerre oramai decennali. Ma il quadro è complicato da due aspetti: i forti interessi economici di multinazionali che in Africa non hanno portato benessere, ma anzi hanno aggravato le già precarie condizioni economiche. E l’altro aspetto sono le guerre di religione che perseguono finalità di autonomia nonchè di legittimazione dell’identità culturale e non solo di culto. Ma forse non sapremo mai dove il loro fanatismo si coniuga con ben più nascosti interessi. Il ruolo dell’Europa? Allo stato è ancora una aggregazione di popoli che non ha una identità univoca (l’avrà mai?) e l’Italia quale porta di accesso, non trova un facile dialogo su questo tema. Nel frattempo i paesi aderenti all’UE tengono i confini ben serrati, salvo stanziare un po’ di fondi per questa o quella iniziativa.
Una analisi molto puntuale di queste contraddizioni così stridenti la troviamo nell’ultimo libro di Zygmunt Bauman e Carlo Bordoni, Stato di crisi. Scrive Bauman “E’ vero: i nostri problemi hanno origine a livello globale, mentre gli strumenti di azione politica ereditati dai costruttori degli Stati-nazioni erano da questi circoscritti alla dimensione dei servizi necessari alla natura territoriale di quelle entità e si dimostrano quindi particolarmente inadatti quando si tratta di affrontare sfide globali extraterritoriali.”
Il seguente passaggio sembra scritto pensando proprio e alle problematiche di accoglienza e di ordine pubblico generati dai flussi di migranti: “Alcune unità territoriali formalmente sovrane – di fatto in numero sempre maggiore – sono state a tutti gli effetti degradate al rango di distretti di polizia locale, che si sforzano di garantire quel minimo di legge e di ordine necessari a un traffico i cui movimenti non hanno intenzione, né sono in grado di controllare(…) Tutte queste unità territoriali sono comunque vincolate a cercare soluzioni locali a problemi generati a livello globale, un compito che trascende ampiamente la capacità di ciascuna”. E poi esplicitamente “L’Unione europea rappresenta attualmente uno dei tentativi più avanzati di trovare, o creare da zero, una soluzione locale a problemi prodotto a livello globale”.
Un compito immane. Anche perché, come chiarisce Bauman proseguendo il suo ragionamento andando a cercare la chiave interpretativa di quest’ordine di problemi, ci si imbatte inevitabilmente nel neoliberismo. Questa scelta di un ordine economico che oramai ha pervaso anche i servizi pubblici erogati dagli Stati. Una scelta che si dà per scontata ma i cui danni, oramai, sono sotto gli occhi di tutti, e verso i quali dovremmo almeno porci qualche domanda.
E la domanda Bauman la fa citando J.M. Coetzee: “Perchè la vita debba essere paragonata a una corsa e perché le economie nazionali debbano competere una contro l’altra piuttosto che dedicarsi, insieme, a un’amichevole e salutare corsetta è una domanda che non viene sollevata. Ma di certo il mercato non l’ha fatto Dio. E se lo abbiamo fatto noi, esseri umani, non dovrebbe essere possibile disfarlo e rifarlo in forma più accettabile? Perché mai un mondo dovrebbe essere un’arena in cui si scontrano i gladiatori- mors tua vita mea- piuttosto che un industrioso alveare, o un termitaio in cui tutti collaborano?”