Arte e cultura, Eventi
Una viola ed un pianoforte posson bastare…se c’è chi li sa usare!
Circa due ore di eccelsa musica. Ma anche tanta intrigante complicità. È quello che ha avuto luogo, venerdì 29 luglio 2011, alle ore 21.00 presso l’Eremo dello Spirito Santo di Pellezzano (SA).
C’è da premettere, che forse sarò io l’esagerata, perché partecipando ad una tale manifestazione da neofita, mi sono approcciata con orecchie e occhi da bambino…da principiante dirà qualcun…o forse con un entusiasmo tutto sommato giusto, poco critico però, di scarso giudizio, poiché in effetti disabituato ad un tale genere musicale. Sembra ne scriva come l’evento del secolo…ma sinceramente a me è piaciuto ed anche tanto, quindi procedo e vado avanti nella descrizione.
Complice sicuramente la perfetta acustica dell’austero quanto suggestivo salone, quello che mi ha colpito maggiormente proprio da subito, sono stati gli ansimi. Si, avete letto bene.
Ansimi. Aneliti, spasimi. Giungevano alle mie orecchie, quando il maestro Rossi cercava con passione la nota, grattando l’archetto, toccando le corde con la mano sinistra, in un veloce volteggiare di dita nell’aria e, già a seguire quei movimenti mi ipnotizzava. Il suo respiro, il suo affanno, mi ha accompagnato, in un crescendo a volte avvincente, in altre cullandomi appena, verso introspezioni a modo mio tutte personali, con forza rimuoveva tristezze clandestine, e ad ogni nota conclusiva dei brani eseguiti, mi sentivo sempre più leggera, con cuore e menti aperti.
La mimica facciale ha fatto il resto. Mi accorgevo della complessità del pezzo, della difficoltà dell’esecuzione proprio da questa sua “sofferenza” tutta trascinante. E gli sforzi compiuti da entrambi gli artisti aleggiavano attorno ad essi, come aura di positività, imprigionandomi in un trasporto percorrevo con loro, mondi fantastici intrisi di personaggi incontrati nelle più antiche leggende e racconti infantili.
C’è stata poi una pausa. Con plenilunio ed un panorama incantevoli.
Per poi passare dal repertorio definito tradizionale fino a giungere alla parte “calda” della serata.
E’ cambiato anche il tono di voce introduttivo ai brani del maestro. Mentre fino ad allora era stato molto professionale, distaccato, severo… per una composizione, definita da lui stesso “singolare, del Boccadoro, fatta di viola e percussioni campionate, ha avvertito il bisogno di guidarci per non spaventarci, con un fare più intimo, sguardi bassi ed istrionici da sornione, alternati a pizzicate assassine delle tese corde metalliche, per farci intendere che la viola strumento così antico, in mani esperte e con compositori contemporanei azzardati, può diventare tonalità dei nostri giorni. Sperimentare si può, senza inorridire.
Sicuramente abbiamo goduto di uno spettacolo unico.
Come in un’opera d’arte, a lavoro finito, ti ritrovi con gli amici. La prossima volta? Sarà diverso…un altro pubblico…altre mani ad applaudire…altri animi da attraversare.
Tutti a casa.
Chi voleva, poteva anche considerare terminata la serata. Chiaramente nessuno s’è alzato. A quel punto s’era troppo riscaldata l’atmosfera ed il monito: “Chi c’è…se lo ricorderà…” c’ha fatto intendere che non ci conveniva muoverci dalle nostre postazioni.
S’è capito alla grande, che i maestri Rossi e Bezziccheri, oltre ad una reciproca stima personale coltivata da ben 20 anni d’esperienza, alle spalle hanno anche una stima ed un’amicizia profondissima. L’intesa era palpabile, dagli sguardi, dagli ammiccamenti, dalla messinscena messa a quel punto in atto sulla ritrosia di uno dei a voler seguire l’altro, nell’esecuzione a sorpresa di un brano a scelta. Hanno tentato di addormentarci con una dolcissima ninna nanna…riportandoci prontamente alla realtà anzi con “Stormy Weather”. Vi dirò di più. Qualcuno della platea è sobbalzato nelle prime file, con il repertorio jazz, ma non dirò mai, nemmeno sotto tortura chi è stato…Forse lo stesso/a che s’è asciugato qualche lacrima quando ha ricevuto indirettamente una dedica alla “più bella di Pellezzano”.
I ragazzi del master, in finale di serata, offrivano un buffet. Ma io ed il mio cavaliere abbiamo preferito di comune intesa, andarcene silenziosamente sottobraccio al chiar di luna, in una fresca notte e ventilata di luglio, sazi…satolli…saturi… di tutto quel cibo inebriante per la mente del quale eravamo stati omaggiati.